Recovery, Gentiloni: con l’Italia molto lavoro da fare

Il commissario Ue all'economia Paolo Gentiloni
Il commissario Ue all'economia Paolo Gentiloni (ANSA / TIBERIO BARCHIELLI) PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI

ROMA.  – La bozza del recovery plan italiano presentata a gennaio dal governo Conte era una base di partenza: ma sulla tabella di marcia degli investimenti, indispensabile per ottenere gli esborsi, sulle riforme – dalle liberalizzazioni alla lotta all’evasione – e sulla definizione dei progetti c’è ancora lavoro da fare. Ma l’anticipo del 13% prima della pausa estiva – per l’Italia circa 27 miliardi – è a portata di mano.

A parlare è il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni, che con l’esecutivo Draghi sta laborando intensamente per affinare il ”recovery and resilience plan’ che l’Italia deve mettere a punto per avere i suoi 209 miliardi del recovery fund all’interno del paccheto Next Generation EU.

Gentiloni la mette così: “non possiamo dire di essere in ritardo ma certo non è una passeggiata completare” il lavoro”. Non c’è ritardo, perché è solo da metà febbraio che i Paesi possono presentare il piano formale. La scadenza  è il 30 aprile: ma se – come spiega l’ex presidente del Consiglio – “si sta laborando con contatti continui fra gli uffici del governo e la Commissione europea”, vuol dire che la messa a punto è ampia e profonda.

Gentiloni sottolinea, con la diplomazia di un ex ministro degli Esteri, che il piano di gennaio è “una base di lavoro importante”, coerente anzitutto con le soglie del 37% di investimenti in green e 20% in digitale.

Ma di fatto promuove la governance accentrata decisa da Draghi, dopo che proprio l’accentramento eccessivo aveva alimentato infinite polemiche fra i partiti:: “aiuterà la nostra attività in corso, anche se naturalmente il Mef lavorerà con i ministeri per la Transizione ecologica e quello per l’Innovazione tecnologica e l’innovazione digitale, e tutti i ministeri”.

I partiti potranno dire la loro in quello che Dario Stefàno, presidente Pd della Commissione Politiche Ue del Senato, definisce  un “coinvolgimento parlamentare pieno” su cui c’è “ampia disponibilità del governo e in particolare del ministro dell’Economia Daniele Franco”: due passaggi parlamentari, il primo sul testo attuale del recovery, il secondo prima della presentazione formale entro aprile.

DI fatto, l’accentramento in mano a Draghi e Franco semplifica l’interscambio fra Roma e Bruxelles che procede a ritmi intensi . Perché – Gentiloni lo fa capire – gli occhi saranno puntati sul piano di Italia e Spagna, che da sole assorbono quasi la metà dei 750 miliardi di euro che l’Europa mette in campo per non lasciare indietro i Paesi più deboli e indebitati.  E perché quella dei tempi di attuazione è “una sfida particolare per il nostro Paese”.

Non c’è soltanto l’incapacità cronica nell’attingere ai fondi europei tradizionali. Questa volta bisogna stare ancora più attenti perché “la Commissione europea erogherà i soldi in base al raggiungimento degli obiettivi nei tempi indicati nei piani” con verifiche semestrali, per quanto riguarda l’87% dei 209 miliardi all’Italia.

La nota positiva è che dall’esecutivo europeo arriva apertura sulla possibilità di anticipare il restante 13%: “bisogna lavorarci – spiega Gentiloni – ma sono abbastanza ottimista” sulla possibilità dell’esborso anticipato del 13% “prima della pausa estiva”.

Il presidente della Commissione politiche Ue del Senato, Dario Stefàno (Pd)  spiega che “stiamo lavorando in Senato per dare al Governo il nostro contributo e permettere all’Italia di essere pronta, entro il 30 aprile, a presentare il suo Piano e ottenere il prefinanziamento”. A sciogliere il nodo, tuttavia, sarà la ratifica di tutti i parlamenti nazionali dei 27 all’emissione dei bond targati Ue.

Intanto, gli uffici tecnici limano i progetti di investimento, probabilmente ridotti di numero rispetto alla bozza di gennaio. E discutono, soprattutto, della nota dolente – per la politica . che rappresentano le riforme strutturali che devono accompagnare gli investimenti europei. Non solo velocizzazione della giustizia civile e della burocrazia.

Ma anche politiche attive del lavoro, riforma del sistema sanitario, e poi “concorrenza” ossia il tema políticamente scivoloso delle liberalizzazioni, dai trasporti ai servizi di beni pubblici all’energia, fino alle concessioni statali.

(di Domenico Conti/ANSA)

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