G20: Covid, ripresa,tasse, sì Usa all’agenda italiana

ROMA. – Tassazione delle multinazionali e dei colossi del web. Sostegno alla ripresa dopo lo shock pandemico. Sforzo per vaccinare in tutti i Paesi. L’amministrazione Biden apre all’agenda italiana per un G20 che vede una vera e propia “inversione a U” dopo gli anni dell’America First, con il ritorno del multilateralismo e della cooperazione.

É questa la cifra più significativa del G20 finanziario – presieduto dal ministro dell’Economia Daniele Franco e dal governatore di Bankitalia – svoltosi oggi nel formato anti-pandemia di una teleconferenza, ma con l’obiettivo di vedersi in persona, a luglio a Venezia, a discutere di un rilancio economico che faccia leva su economia sostenibile, inclusione, aiuti ai Paesi più vulnerabili sulle cure e i vaccini, anche con l’aiuto del Fmi e degli ‘Sdr’ già usati nella crisi di un decennio fa.

Già qui è visibile lo “stacco” rispetto ai toni sovranisti che caratterizzavano il G20 degli anni di Trump, che proprio in Italia, a Taormina nel 2017, vide la spaccatura con Washington che aveva gelato tutti uscendo dagli accordi di Parigi sul clima. Perché vedersi a Venezia in persona però, servirà una svolta sui vaccini. Italia e Ue, un po’ a rilento fra i Paesi avanzati, “contano di accelerare”, spiega Franco in una delle prime uscite pubbliche appena insediato. I leader del G20, come spiega il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni, puntano su uno “sforzo comune per una vaccinazione globale”.

L’altra svolta – anche se al momento rimane nelle parole  – è sul fronte economico. Sparisce dall’agenda il “trade”, lo svantaggio commerciale che era chiodo fisso di Trump, con i nodi rinviati al G20 dei capi di governo.

E s’intravede l’accordo sulla tassazione globale delle multinazionali, inclusi i colossi del web, dove l’amministrazione Usa precedente aveva innalzato un muro. Janet Yellen, la segretaria del Tesoro, fin da ieri ha preso buona parte della scena anticipando la forte inversione di rotta di Washington e oggi è tornata a farsi sentire: gli Usa rinunciano alla clausola “safe harbour” che consentiva a  colossi come Amazon, Facebook, Google, Apple – accusate dall’Europa di pratiche fiscali piratesche – di aderire “volontariamente” alla riforma del fisco globale.

La presidenza italiana del G20 si trova così la strada sgombra di un enorme macigno e può annunciare “un approccio multilaterale” che dovrebbe consentire di annunciare entro giugno – come ha spiegato Franco – un accordo su una tassazione minima delle multinazionali, e sulla regolamentazione di quella giungla fiscale che è il “profit shifting”, la pratica di far figurare i profitti, specie quelli della Big Tech, esplosi con la pandemia, nella giurisdizione più conveniente, abbattendo le tasse da pagare.

Fin qui le note positive dell’esordio del G20 tricolore. Sullo sfondo, come riconosce una nota della presidenza italiana, c’è la presa d’atto che “nonostante l’avvio delle campagne di vaccinazione e l’evidenza di primi segnali di ripresa, permangono difficoltà sia da un punto di vista economico che sanitario”- Con il lascito amaro di una pandemia che ha esasperato le diseguaglianze. Sulla scia dei 1.900 miliardi di stimolo di bilancio voluto da Biden, i ministri e governatori sono “pronti a rilanciare gli sforzi”. Visco, che siede nel consigli della Bce,  e Franco, sono attenti a sottolineare che c’è accordo sul non ritirare troppo presto le misure di stimolo, sarebbe pericoloso.

Anche di fronte al rialzo dell’inflazione su cui è partito un acceso (e controverso) dibattito negli ambienti finanziari, e che ha innescato un’impennata preoccupante dei rendimenti, il governatore di Bankitalia è tranchant: questa fiammata inflattiva “non sarà durevole” e al G20 “l’opinione generale è che le attuali condizioni finanziarie favorevoli devono rimanere tali fino a che non si sarà conseguita una ripresa forte”. Insomma, “estrema prudenza”.

Le banche, fatto tesoro dell’esperienza della crisi passata, escono bene da quello “stress test” su capitale, Npl e leva finanziaria, che è stata la pandemia. Ma questa lascia sul campo “rischi sul piano dell’insolvenza delle imprese”.  Sono le “zombie firms” della pandemia, forse il tema più scottante da affrontare nei prossimi anni.

( di Domenico Conti e Andrea D’Ortenzio/ANSA)

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