Monito legali Trump: il rischio è distruggere il Paese

Donald Trump. (ANSA)

WASHINGTON.  – La battaglia nell’aula del Senato per il secondo storico impeachment nei confronti di Donald Trump è iniziata e segna una prima vittoria per l’accusa: la maggioranza dei senatori ha votato per la costituzionalità del processo, respingendo così la tesi secondo cui il Congresso non può decidere la condanna o meno di un ex presidente.

Eppure dai legali del tycoon, che hanno bollato l’impeachment come un’operazione meramente politica, era arrivato un chiaro monito: attenzione, perché se l’impeachment va avanti si rischia di distruggere il Paese, come abbiamo visto una sola volta nel nostro Paese”. Parole forti, con un richiamo – sottolineano i media americani – alla guerra civile.

Del resto la seduta era iniziata con le drammatiche immagini dell’assalto al Congresso del 6 gennaio, montate dall’accusa e legate alle parole dell’ex presidente che nello stesso giorno nel corso di un comizio incitava la folla dei sostenitori a marciare sul Campidoglio.

Un video crudo, violento, che alla fine ha lasciato in silenzio e quasi senza respiro tutti i senatori, democratici e repubblicani, a dimostrazione di come a distanza di oltre un mese quelle urla e quegli spari poco fuori l’aula facciano ancora paura. In molti hanno poi scosso la testa, anche tra i repubblicani, quando sono riecheggiate le parole di Trump che, riferendosi ai rivoltosi con il Capitol ancora in subbuglio, affermava: “Vi amo, siete veramente speciali”.

E poi quel commento su Twitter dell’ex presidente, rievocato sempre dall’accusa: “Questo è quello che accade quando una vittoria a valanga viene scippata a dei grandi patrioti”.

Mai un presidente degli Stati Uniti ha dovuto subire la gogna della messa in stato di accusa per due volte. Ma stavolta The Donald sarebbe tutt’altro che preoccupato. Anzi, starebbe già pianificando il suo ritorno e meditando la vendetta contro i “traditori” dentro e fuori il Congresso, a partire dai repubblicani che hanno votato contro di lui.

Certo, per i prossimi giorni niente lunghe e rilassate sessioni sul green, o altre distrazioni del genere. Chiuso nel suo studio nella reggia di Mar-a-Lago, Trump già in queste ore segue senza pausa in diretta tv ogni passaggio del processo, pronto a eventuali contromosse e a dare istruzioni a distanza al suo team difensivo. Ma fiducioso che alla fine tutto si chiuderà con una nuova assoluzione, proprio come accadde lo scorso anno.

Del resto al momento i numeri sembrano giocare a suo favore: per condannare l’ex presidente almeno 17 senatori repubblicani dovrebbero votare con i 50 senatori democratici. E se il buongiorno si vede dal mattino, sono stati 45 quelli che il 26 gennaio hanno votato contro l’impeachment, ritenendolo incostituzionale.  “Con questi numeri tutto quello che devo fare è giocare a golf, nient’altro”, fu il commento a caldo di Trump.

Che in effetti è sparito dai radar: nemmeno un’apparizione pubblica da quando il 20 gennaio ha lasciato la Casa Bianca. Per non parlare del vuoto lasciato su Twitter dopo essere stato bandito dalla piattaforma social. A suggerirgli una strategia di basso profilo sarebbero soprattutto la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner, in queste settimane le persone a lui più vicine, trasferitisi anche loro in Florida.

Sotto pressione i cinque senatori che a fine gennaio avevano già votato per l’impeachment di Trump, a cui nelle ultime ore se ne è aggiunto un sesto che ha votato coi democratici a favore della legittimità del processo.

I ben informati spiegano come l’ex presidente gliel’abbia giurata, pronto a mostrare il pugno di ferro una volta emerso vittorioso. Una vittoria che rafforzerebbe la sua posizione mettendolo in condizioni di assumere il controllo del partito, e di aprire una nuova stagione che potrebbe portarlo a correre per le presidenziali del 2024.

Ma i senatori repubblicani monitorati e che rischiano di entrare nella lista nera del tycoon sono almeno 22: tutti quelli che in queste ore, stando alle dichiarazioni o alle voci, appaiono indecisi sul da farsi. Indecisi se forzare la mano e provare a imprimere una svolta al partito, portandolo oltre Trump, ma col rischio di ritrovarsi col cerino in mano, mettendo il loro destino nelle mani di un tycoon uscito nuevamente indenne dalla bufera. E con le elezioni di metà mandato nel 2022 che mettono in gioco un terzo dei seggi del Senato.

Nei prossimi giorni sarà la volta prima dell’accusa e poi della difesa: avranno 16 ore a disposizione per esporre le loro tesi. Si andrà quindi avanti per l’intero weekend, dopo che uno dei legali di Trump ha ritirato la richiesta di sospendere i lavori per la celebrazione dello Sabbath. Più importante fare in fretta, chiudere al più presto questo capitolo, soprattutto se da entrambe le parti non ci saranno testimoni.

Un’esigenza di procedere rapidamente sentita anche da molti democratici e probabilmente dalla stessa Casa Bianca, che vedono questo processo come un ostacolo che rallenta l’attuazione delle priorità dell’agenda Biden, quella dei primi 100 giorni.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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