Grillo, dal “no Euro” all’abbraccio “Dracula-Draghi”

Beppe Grillo quando "Fuori dall'Euro"
Beppe Grillo quando "Fuori dall'Euro"

ROMA. – ”Per il caso Montepaschi dovrebbero essere messi sotto processo i vertici del Pd dal 1995 ad oggi, la Banca d’Italia, Draghi e la Consob”. Era il 13 febbraio 2013 e in una piazza stracolma di Pavia, Beppe Grillo, a pochi giorni dalle elezioni che avrebbero portato M5s ad essere il partito più votato nella Penisola, tuonava contro l’allora presidente della Bce, che sabato incontra per le consultazioni a Montecitorio.

Era lo “tsunami tour”, nel senso che quella campagna elettorale avrebbe travolto il bipolarismo italiano, ma anche perché il comico genovese tuonava contro tutti, facendo pensare all’epitaffio di Giovio su Pietro Aretino: “Di tutti disse mal fuorché di Cristo”.

Il lungo cammino di Beppe Grillo da santone di una imminente fine del mondo, e poi da guru del popolo del vaffa day, sino a uomo delle istituzioni, accompagna e descrive anche l’evoluzione di M5s, da armata di sanculotti pronti a prendere la Bastiglia del potere, a uomini alla guida del governo della settimana economia del pianeta.

Agli inizi degli Anni Duemila, con la globalizzazione e la rivoluzione digitale, Grillo in una lunghissima serie di fortunati spettacoli nei teatri di tutta Italia, predicava l’apocalisse economica, sociale ed ecologica, con affascinanti affabulazioni su dati e cifre liberamente interpretate. Il copione si moltiplicò con la nascita del blog, in collaborazione con Gianroberto Casaleggio, nel 2005.

Il crac di Parmalat, e poi la crisi dei subprime nel 2008-2009 sembrarono dare ragione al profeta dell’Armageddon, che nel frattempo aveva fondato un Movimento, il 24 gennaio 2008, esattamente il giorno in cui Romano Prodi cadeva in Senato e lasciava la politica.

Quasi una staffetta, dall’ipotesi riformista della Seconda Repubblica all’ipotesi populista della Terza, nata in piazza con due Vaffaday, l’8 settembre 2007 e il 25 aprile 2008. E in effetti nel successo di M5s alle elezioni 2013, si fotografa un travaso di voti di elettori dei due partiti riformisti dei due poli, Pd e Fi.

La crisi dei debiti sovrani nel 2011, il crollo di Mps, e il cigolio del sistema bancario certificarono che il Vate della Fine del Mondo aveva ragione. Grillo, specie fino al 2013, ha attaccato tutti in modo violento, storpiando il nome, come a negare l’identità ai suoi avversari: Monti diventa “rigor Montis”, Bersani è Gargamella (il personaggio cattivo dei Puffi), Napolitano è un nonno sonnacchioso e Draghi è accostato a Dracula.

Grillo ignora “il whatever it takes”, e il Quantitative easing lanciato nel frattempo da Draghi, contro il volere della Bundesbank, e continua a perorare “un forte sostegno contro il rigore berlinese, contro Draghi e contro la Ue”, tanto da lanciare l’idea del referendum contro l’Euro, salvato da Draghi.

Nel 2018 non solo M5s è il primo partito, ma ottiene il 32%, annichilendo il Pd dell’odiato “Renzie”. Ora le elite sono i “ragazzi meravigliosi del Movimento”, come li chiama Grillo, che entrano nelle stanze dei bottoni, per scoprirne la estrema complessità.

Il linguaggio del blog vira, i post si diradano, e diventano più riflessivi, e molto spesso evitano di toccare la stretta attualità per tornare ad occuparsi dei problemi ambientali. Non mancano scarti improvvisi, come il violento attacco contro il Quirinale il 21 ottobre 2018, ma tutto il Movimento, da Di Maio in giù si dissocia.

Grillo, non è più il capo politico, è il Garante, ne prende atto, e anche nella sua posizione defilata è meno di piazza e più di governo. E con questa giacca incontrerà Draghi.

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