Coronavirus in Italia: tasso positività stabile, ma 14.372 nuovi casi e 492morti

Personale sanitario in sala rianimazione del day hospital in Casalpalocco.
Personale sanitario in sala rianimazione del day hospital in Casalpalocco.. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – La curva dei contagi da SarsCov2 in Italia non inverte il trend e, nonostante le fisiologiche oscillazioni giornaliere, si mantiene su numeri ancora troppo alti e sostanzialmente stabili. Sono infatti 14.372 i test positivi nelle ultime 24 ore (contro i 15.204 di ieri), mentre le vittime sono 492 rispetto alle 467 del giorno precedente.

Un quadro che, secondo gli esperti, richiede misure più restrittive rispetto alle attuali ma che non sempre si rispecchia nella scelta dei colori per le regioni – in base al livello di rischio – basata “su diverse considerazioni che non sono solo quelle epidemiologiche”.

I numeri giornalieri, dunque, evidenziano come persista una circolazione sostenuta del virus. Il tasso di positività è infatti del 5,2%% (ieri era del 5,17%) a fronte di 275.179 test per il coronavirus (molecolari e antigenici) effettuati sempre nelle ultime 24 ore (contro i 293.770 di ieri). I casi totali da inizio epidemia sono ora 2.515.507, i morti 87.381.

Calano leggermente i ricoveri in terapia intensiva, pur non scendendo sotto i 2.000: diminuiscono di 64 unità nel saldo tra entrate e uscite rispetto a ieri e in totale in rianimazione ci sono attualmente 2.288 persone. Nei reparti ordinari sono invece ricoverati 20.778 pazienti, in calo di 383 unità rispetto a ieri.

Le regioni che fanno registrare il maggior numero di test positivi nelle ultime 24 ore sono la Lombardia (2.603), la Campania (1.313), l’Emilia Romagna (1.265). Il Veneto ha fatto invece registrare solo 572 casi.

“Al momento – spiega all’ANSA Giuseppe Arbia, professore di Statistica economica all’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma e curatore del sito COVSTAT sull’andamento pandemico – la curva dei contagi non sta dunque ancora invertendo il trend, rimanendo sostanzialmente stabile su valori alti. Da circa 20 giorni, infatti, gli indicatori principali sono pressoché costanti ed il 6 gennaio avevamo gli stessi morti di oggi registrati sulla media settimanale”.

Per le terapie intensive, sottolinea, “si registra qualche ricoverato in meno: c’è un saldo negativo perchè qualche paziente viene dimesso o decede, ma il livello degli ingressi è invece costante, mentre i ricoverati nei reparti ordinari sono analoghi ai numeri delle passate settimane”.

Insomma, “in 20 giorni non si è fatto alcun passo avanti. E la domanda – afferma – è una: per quanto tempo potrà essere sostenibile per il nostro Ssn che ci siano all’incirca 2500 posti letto in terapia intensiva occupati costantemente per Covid? Non possiamo abituarci a questi numeri, perché si tratta di una situazione ‘patologica’ che non può perdurare a lungo”.

Dunque, avverte lo statistico, “i dati ci dicono che si dovrebbero adottare misure ancora più stringenti, dal momento che quelle prese finora si sono dimostrate inefficaci perchè non riusciamo ancora ad battere la curva portandola ad un calo sostanziale”.

Andrebbero pertanto “irrobustite le attuali misure, magari – afferma – portando più regioni in zona rossa o arancione per un tempo più lungo, anche senza arrivare al lockdown totale dello scorso marzo”. Al contrario, al momento “un ‘alleggerimento’ dei colori non si giustificherebbe dal punto di vista epidemiologico”.

Se decisioni in tal senso venissero prese, rileva, “è perché evidentemente i decisori tengono presenti anche altre considerazioni e circostanze, come l’andamento economico, che esulano dalla sola valutazione dei termini prettamente numerici e statistici dell’andamento della curva epidemica”. S

i cerca in altri termini un “bilanciamento” tra differenti considerazioni, ma “i dati puramente numerici – conclude Arbia – ci mostrano un andamento che resta molto preoccupante”.

(di Manuela Correra/ANSA)

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