“Torneremo presto”, Trump vuole un nuovo partito

Trump e Melania salutano dalla base militare Andrews alla piccola folla accorsa per l'addio del presidente alla Casa Bianca. Archivio.
Trump e Melania salutano dalla base militare Andrews alla piccola folla accorsa per l'addio del presidente alla Casa Bianca. Archivio. (Ansalatina)

WASHINGTON.  – “Ritorneremo in qualche modo, continuerò a lottare per voi”. Le ultime parole di Donald Trump da presidente degli Stati Uniti suonano come una promessa per il suo popolo e per le orecchie dei milioni di americani che lo hanno votato e sostenuto con un entusiasmo da ultras anche nelle ultime drammatiche settimane.

Ma sono anche un chiaro messaggio (se non una minaccia) per i nemici di sempre e i traditori dell’ultim’ora, quelli che ora temono le voci di un ex presidente tentato dal fondare un partito personale in vista del 2024. Ne avrebbe parlato più volte negli ultimi giorni tra le mura della Casa Bianca e ci sarebbe già anche il nome: Patriot Party.

“Ci vediamo presto”, ha così assicurato nel momento di  congedarsi dalla piccola folla che di primo mattino si è presentata alla base militare di Andrews per l’ultimo saluto. Una cerimonia che nulla ha avuto di pomposo, se non le 21 salve di cannone esplose in suo onore prima della partenza per una nuova vita in Florida, nella reggia di Mar-a-Lago. Nessuna autorità di spicco presente, nemmeno il vicepresidente uscente Mike Pence, già diretto a quell’ora verso il Capitol per assistere al giuramento di Joe Biden.

Donald e Melania, mano nella mano, avevano lasciato la Casa Bianca poco prima delle 8.20, con il presidente uscente che prima di dirigersi verso l’elicottero presidenziale si è soffermato ancora qualche secondo sull’uscio della West Wing, per un ultimo sguardo a quella che per quattro tumultuosi anni è stata la sua casa, trasformatasi negli ultimi mesi sempre più in un fortino. Sul “resolute desk”, la storica scrivania dello Studio Ovale, alla fine avrebbe lasciato una lettera per il successore, salvando almeno una delle secolari tradizioni che da sempre caratterizzano il cambio della guardia alla Casa Bianca.

Per il resto tutti i protocolli dell’Inauguration Day sono stati rottamati, compreso quello del caffè che il presidente e la first lady uscenti di solito offrono a chi poche ore dopo subentrerà al loro posto.

Ma del resto Trump è il primo Commander in chief dal 1869 a non partecipare alla cerimonia di insediamento del suo successore. Così anche per la consegna dei codici nucleari al nuovo inquilino della Casa Bianca si è dovuto ricorrere a una seconda valigetta, visto che l’originaria (soprannominata “nuclear football”) ha volato con Trump atterrato in Florida ancora da presidente. Disinnescata esattamente alle 11.59, un minuto prima che Biden sulla scale del Capitol recitasse l’iconica formula dell’insediamento.

L’ultimo atto, nella tarda nottata alla vigilia dell’Inauguration Day, è stata la firma di altri 73 provvedimenti di grazia e di commutazione della pena, con il perdono presidenziale concesso anche al controverso ex stratega Steve Bannon, personaggio dell’ultradestra condannato per una frode legata alla realizzazione del muro col Messico. Nessun perdono invece per Juliane Assange o per il fedelissimo amico e avvocato personale Rudolph Giuliani. E niente grazia preventiva per sé stesso e i suoi familiari.

Ora ad aspettare Trump sono giornate di riflessione al caldodi West Palm Beach, dove tra una riunione e una partita a golf dovrà programmare il futuro. Ma il suo è un ritorno alla vita privata tutt’altro che tranquillo, con lo spettro del proceso per impeachment che potrebbe bruciare le ulteriori ambizioni politiche, a partire da un’eventuale nuova candidatura alle prossime presidenziali. Ecco allora l’idea del partito personale, per non disperdere gli oltre 70 milioni di voti ricevuti lo scorso 3 novembre. Una sfida al partito republicano che in parte ancora lo sostiene ma in parte, soprattutto a livello di establishment, lo ha definitivamente scaricato dopo i tragici fatti dell’assalto al Congresso: vedi Mike Pence o l’ex alleato Mitch McConnell, leader conservatore al Senato.

Sullo sfondo resta poi sempre l’ipotesi di lanciare sulla scena politica la figlia Ivanka o il primogenito Donald Junior. Ma l’ex presidente dovrà fare i conti anche con le tante inchieste che da New York a Washington lo riguardano, oltre che con le difficoltà finanziarie in cui versa l’impero di famiglia.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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