Oltre 40 migranti annegati, prima tragedia del 2021

Naufraghi nuotano nel mare vicino a un gommone. I(mmagine d'archivio
Naufraghi nuotano nel mare vicino a un gommone. I(mmagine d'archivio (ANSA)

ROMA.  – Un nuovo naufragio davanti alle coste libiche, il primo del 2021, e sulla rotta maledetta del Mediterraneo centrale si infrange ancora una volta il sogno di una vita decente per 43 migranti. Dieci i sopravvissuti che sono sono stati riportati indietro, in Libia, dalla guardia costiera di Zwara.

Erano originari della Costa d’Avorio, della Nigeria, del Ghana, del Gambia, di altri Paesi dell’Africa occidentale. Ci avevano messo mesi, forse anni per salire finalmente, ieri mattina, su quell’imbarcazione a Zawiya, 50 chilometri a ovest di Tripoli, che li avrebbe portati in Italia da clandestini con la speranza di un permesso di soggiorno o di asilo, o magari di raggiungere parenti e amici in qualche altro Paese europeo. Ma il motore si è bloccato, le condizioni del mare non erano buone, la barca si è rovesciata: il copione di una tragedia sempre uguale “che doveva essere evitata”, ha scritto su Twitter il deputato di LeU Erasmo Palazzotto.

Sono state l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) a dare la notizia con una dichiarazione in cui si dicono “profondamente addolorate” e spiegano che i sopravvissuti hanno ricevuto cibo, acqua e cure mediche dal loro personale nel porto di Zwara. Il comunicato non specifica dove finiranno ma denuncia che “la situazione dei migranti e dei rifugiati in Libia rimane estremamente precaria. Continuano gli arresti arbitrari e le detenzioni arbitrarie in condizioni drammatiche. Molti rifugiati e migranti sono sfruttati da trafficanti, tenuti in ostaggio e diventano vittime di abusi e torture”.

L’Oim e l’Unhcr “ribadiscono il loro appello alla comunità internazionale affinché la situazione nel Mediterraneo venga urgentemente affrontata con un approccio diverso. Ciò vuol dire che è necessario smettere di riportare le persone in porti non sicuri e istituire un meccanismo di sbarco sicuro che possa essere seguito da una dimostrazione tangibile di solidarietà da parte degli Stati europei con i Paesi che registrano un numero elevato di arrivi”.

Il 31 dicembre la Open Arms aveva salvato 169 persone che si trovavano su una imbarcazione alla deriva dopo una segnalazione dell’ Ong Alarm Phone. E il 3 gennaio sempre la Open Arms aveva messo in salvo altri 96 migranti su un’imbarcazione di legno alla deriva. L’11 gennaio la Ocean Viking, la nave di soccorso in mare della Ong SOS Méditerranée, ha lasciato il porto di Marsiglia in Francia per fare ritorno nel Mediterraneo centrale.

Ma non basta. Le due organizzazioni sottolineano che “questa ulteriore tragedia  evidenzia ancora una volta come sia necessario che gli Stati riattivino operazioni di ricerca e salvataggio, una lacuna che le Ong e le navi commerciali stanno cercando di colmare nonostante le loro limitate risorse”. Secondo i dati ufficiali più di 1.200 migranti sono morti nel 2020 nel Mediterraneo, la stragrande maggioranza sulla rotta centrale, ma il numero effettivo di morti potrebbe essere molto più alto.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)

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