Navalny in carcere: “Scendete in piazza, Putin ha paura”

L'attivista oppositore russo Alexei Navalny in una foto d'archivio di dicembre 2019.
L'attivista oppositore russo Alexei Navalny agli arresti, in una foto d'archivio EPA/SERGEI ILNITSKY

MOSCA. – Un’altra giornata di passione, in Russia. Alexey Navalny si è infatti visto convalidare in arresto il fermo di ieri (30 giorni) per direttissima. Non solo senza nemmeno passare da casa a poggiare le valige, dopo essere sbarcato dalla Germania, ma neppure senza mettere piede in tribunale.

È il giudice ad essere andato da lui, alla stazione di polizia del sobborgo di Khimki, dov’era detenuto. Uno strappo alla prassi giudiziaria che Navalny ha definito “inaudito”. Così in serata ha lanciato un video-appello “web et orbi”. “Scendete in piazza, non per me ma per il vostro futuro: nonno-Putin ha paura”.

Lo scontro, dunque, sembra essere solo all’inizio. I suoi compagni di lotta hanno già annunciato che la macchina del Fondo Anti-Corruzione, l’organizzazione creata da Navalny, si è messa in moto per “una grande manifestazione nazionale”, prevista per sabato prossimo.

Nel mentre i suoi legali faranno ricorso contro l’arresto. Ma su questo aspetto si è già capito che c’è poco da fare. Il 3 febbraio è fissata l’udienza del tribunale che sarà chiamato a decidere se commutare la pena sospesa – 3 anni e 6 mesi, per il caso Yves Tocher del 2014 – in carcere vero.

Fino ad allora il principe degli oppositori russi sarà detenuto nel penitenziario moscovita di Matrosskaya Tishina (prigione vera, non centro detentivo per reati amministrativi). Per Navalny è la prima volta, come sottolinea la sua portavoce Kira Yarmish.

Lo stesso Navalny, d’altra parte, ha usato parole di fuoco per attaccare Vladimir Putin (che ha già bollato come “mandante” del suo tentato omicidio) definendolo prima “nonno rintanato nel bunker” e poi “orco del gasdotto”. Quindi l’ennesima raccomandazione pronunciata anche ieri, “non abbiate paura”.

Un esorcismo, forse. Tutto si sta avvitando. Secondo le autorità, l’udienza di convalida dell’arresto si è tenuta alla stazione di polizia perché Navalny “non aveva il test Covid aggiornato” richiesto a chi sbarca in Russia dall’estero (ma aveva tre giorni di tempo per farlo). Nell’aula improvvisata non sono stati ammessi poi i giornalisti, sempre per “ragioni sanitarie” (ma c’erano i reporter di testate amiche come Life e Russia 1). Insomma, si cerca d’imbellettare la realtà, ma nemmeno troppo.

“Navalny è visto ora dalla fazione dei “siloviki”, che fa capo alle strutture di forza del Paese, come un nemico da umiliare e stritolare”, spiega la politologa Tatiana Stanovaya. “Mosca con lui non agisce più sulla base di un principio politico, ma in termini di ordine pubblico”. Dunque tolleranza zero.  E pazienza se da più parti nel mondo si stanno moltiplicando le voci che chiedono una sua inmediata liberazione.

Per Berlino il suo arresto è infatti “totalmente incomprensibile”, mentre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha definito “la detenzione di oppositori politici contraria agli impegni internazionali della Russia” (la discussione sulla risposta europea all’arresto di Navalny “è in corso”, ha poi assicurato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano). Infine anche l’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha chiesto il suo “rilascio immediato”.

Ma è molto difficile che il coro raggiunga le torri del Cremlino. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, nel corso della sua tradizionale conferenza stampa di gennaio, ha già segnato il tono della discussione. “L’Occidente – ha detto – accusa sempre la Russia di tutto, dagli hacker all’avvelenamento mdi Navalny, senza presentare prove”.

Poi la stoccata. La reazione “entusiasta” dei Paesi occidentali al ritorno di Navalny in Russia sarebbe dovuta alla volontà di distogliere l’attenzione della “profonda crisi” in cui versa “il modello di sviluppo liberale”. Un “noi” e “voi” sempre più marcato. Ora resta solo da vedere se i russi risponderanno all’appello lanciato da Navalny.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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