Incriminato per Capitol Hill, Keller ultima virata

L'ex campione di nuoto olimpico Klete Keller ripreso dalle camere durante l'irruzione a Capitol Hill.
L'ex campione di nuoto olimpico Klete Keller ripreso dalle camere durante l'irruzione a Capitol Hill. (Twitter)

ROMA. – A modo suo, anche Klete Keller è un reduce come tanti protagonisti dell’assalto al Congresso Usa. No, l’Iraq e l’Afghanistan non c’entrano, niente guerre nel suo passato, solo tante battaglie sportive coronate da due medaglie d’oro nella 4×200 stile libero alle Olimpiadi ad Atene 2004 e Pechino 2008, col corollario di bandiera a stelle e strisce e inno con la mano sul cuore.

Ha nuotato per la grande America, Keller, e però è passato dal fare squadra con il mito Michael Phelps a violare Capitol Hill il sei gennaio con populisti e negazionisti delle sturmtruppen di Trump: una staffetta di varia umanità che ha messo a dura prova la storica democracia statunitense.

Ha vinto pure altre tre medaglie di pregio ai Giochi, oltre a due mondiali, ma ora – raccontano con enfasi di particolari giornali e tv Usa – la vita di Keller è diventata un incubo. I fasti sono davvero un ricordo lontano, la parábola  della vita del nuotatore yankee dopo allora ha conosciuto solo bassi: finito senza mezzi a vivere da homeless, il campione di Las Vegas deve essersi sentito deluso dal sogno americano, se la sera del sei gennaio si è unito alla folla dei sostenitori di Donald Trump.

A 38 anni e con un palmares da campione, Keller era nella variegata truppa dei Proud Boys tra corna, elmi, pellicce, striscioni e cori al grido “Make America Great Again”: si sarebbe potuto anche confondere, tra tutte quelle maschere, rendere impossibile l’identificazione. E invece no, perché il ragazzone delle sfide in acqua all’appuntamento nella Rotonda del Parlamento si è presentato con la giacca ufficiale della nazionale olimpica degli Stati Uniti.

Ed è proprio quella stavolta ad averlo tradito: il Dipartimento di Giustizia americano ha infatti riconosciuto, pare anche grazie all’imbeccata di alcuni ex compagni della squadra Usa, l’ex campione proprio da quella divisa e lo ha incriminato per il presunto coinvolgimento nelle violenze del giorno dell’Epifania. Keller, complici anche i suoi quasi due metri di altezza, svettava tra gli assalitori.

L’agente speciale dell’Fbi Matthew Barofsky nei documenti del tribunale ha scritto di aver confermato l’identità di Keller confrontando le foto con la patente di guida del Colorado dell’ex atleta. “Sembra essere una delle persone più alte” sottolinea ancora Barofsky nel report dei fatti.

Keller, barba lunga e viso segnato rispetto a quello che dal 2000 ai Giochi di Sydney aveva inanellato una serie di successi in vasca, è ora accusato di intrusione illegale al Parlamento, condotta violenta, disturbo dell’ordine pubblico e ostacolo alle forze dell’ordine. É stato emesso un mandato di arresto e presto per il biolimpionico potrebbero aprirsi le porte del carcere.

Keller ha gareggiato alle Olimpiadi nel 2000, 2004 e 2008 vincendo due medaglie d’oro e una d’argento nella staffetta 4X200 stile libero e due bronzi nei 400 stile libero. La staffetta ai Giochi di Atene resta una delle pagine più note della piscina; con la sfida tra titani Phelps-Thorpe. Poi il declino, un divorzio finito male, tanti lavori persi, niente casa e mesi passati a dormire in auto.

La federnuoto americana ha subito prese le distanze: “Rispettiamo il diritto dei singoli di protestare pacificamente, ma rifiutiamo in ogni modo le azioni intraprese da quelli che hanno assalito il Campidoglio”.

Lo stesso comitato olimpico Usa aveva condannato le violenze: “Sosteniamo il diritto di protestare pacificamente ed esprimere valori e punti di vista in modo rispettoso e legale – questo è ciò che rende forte la nostra democrazia. Purtroppo, non è quello che è successo in questo caso”.

Keller, che viveva in Colorado e aveva trovato un lavoro come agente immobiliare, da cui si è dimesso per andare a Washington a manifestare, rischia da una multa alla reclusione: la pena la deciderà un processo. Dal podio olimpico alla sbarra in tribunale, davvero il contrario del sogno americano: a pensarci bene, l’ultima virata.

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