Apertura scuole, le Regioni in ordine sparso

Una maestra scrive sulla lavagna "Bentornati a tutti".
Una maestra scrive sulla lavagna "Bentornati a tutti". ANSA/CIRO FUSCO

ROMA. – Nonostante la volontà del governo di riaprire tutte le scuole, anche le superiori, il 7 gennaio e sebbene il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia abbia detto parole chiare (“chi sposta in avanti l’apertura delle scuole deve spostare anche la riapertura delle altre attività; se si sposta l’apertura delle scuole a fine gennaio e si mantiene l’apertura dello sci il 18 gennaio, qualcosa non va”), le Regioni sono divise sul rientro, ed alcune hanno già annunciato che fino a fine gennaio le scuole superiori rimarranno con la didattica a distanza. E’ il caso del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.

“Le Regioni riflettano bene sulle conseguenze per studenti e famiglie. Il Governo ha mantenuto gli impegni, ognuno faccia la propria parte”, è il pressante invito che arriva dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Ma i governatori sembrano aver deciso.

“La scuola – ragiona Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) – deve rappresentare una priorità, ma la si tutela se si comincia e si finisce l’anno scolastico in presenza, non se si fanno ‘stop and go’ continui”. “Non mi sorprende che la ministra Azzolina si batta per la riapertura – dice il governatore del Veneto Luca Zaia – ma in questo momento non è prudente. La situazione sta degenerando e bisogna rispondere con misure ad hoc”.

Per Giovanni Toti, che guida la Liguria “sarebbe insensato mandare a scuola i nostri ragazzi giovedì e venerdì per poi chiudere di nuovo lunedì nel caso dovessimo avere di nuovo parametri negativi”. Anche nel Lazio si prende in considerazione l’ipotesi di spostare la data di apertura delle scuole superiori all’11 o al 18 gennaio, ma le decisioni definitive devono ancora essere prese.

Così pure nelle Marche, dove l’orientamento è riaprire il 1 febbraio. Anche in Puglia non è escluso un rinvio delle lezioni in presenza. La Lombardia si dice pronta alla riapertura delle scuole però, spiegano dalla Regione, il buon senso impone di capire cosa succederà nei prossimi giorni.

Chi sicuramente partirà il 7 gennaio è la Toscana. “Saremo minoritari ma siamo convinti che il rapporto con gli insegnanti e tra studenti sia essenziale, quindi, anche complice il fatto che con i dati ce lo possiamo permettere, in Toscana il 7 gennaio si riparte con le scuole secondarie superiori”, annunciano il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e l’assessore all’Istruzione Alessandra Nardini.

Anche in Sicilia la scuola si prepara per la riapertura il 7 o l’8 gennaio, con le superiori eventualmente al 50% fino al 18 gennaio, quando, se la curva epidemiologica lo permetterà, la percentuale salirà al 75%. In Campania le scuole riapriranno lunedì 11 gennaio, ma torneranno in classe solo gli alunni della scuola dell’infanzia e delle prime due classi della scuola primaria, esattamente com’era prima della chiusura per la pausa natalizia. A partire dal 18 gennaio sarà valutata dal punto di vista epidemiologico la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola elementare e dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado.

In Sardegna è stata messa a punto una nuova mappa per il ritorno a scuola il 7 gennaio: orari flessibili, più mezzi di trasporto e più controlli, anche con l’aiuto dei volontari, per evitare ressa davanti ai cancelli.

Si aspetta la decisione finale sulla riapertura. Intanto dall’Istituto superiore di sanità arrivano una serie di dati dai quali emerge che il sistema scolastico non è fra i principali contesti di trasmissione del virus: nel periodo 31 agosto-27 dicembre sono stati rilevati 3.173 focolai in ambito scolastico, pari al 2% del totale dei focolai a livello nazionale. Il tasso di ospedalizzazione nella popolazione in età scolare è stato dello 0,7% a fronte dell’8,3% nel resto della popolazione.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, invece, dovrà consegnare al Tar del Lazio una sintetica relazione per chiarire le evidenze scientifiche alla base dell’imposizione dell’uso della mascherina anche durante l’orario scolastico per i bambini fra i 6 e gli 11 anni, dopo un ricorso al Dpcm del 3 dicembre scorso.

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