Meno poveri prima del Covid, ma maxi-gap con ricchi

Un momento durante il pranzo di Natale per i poveri della Comunità di Sant'Egidio alla Basilica di Santa Maria in Trastevere.
Dall'archivio del 2019, un momento durante il pranzo di Natale per i poveri della Comunità di Sant'Egidio alla Basilica di Santa Maria in Trastevere.. ANSA/ GIUSEPPE LAMI

ROMA. – La fotografia è forse un po’ datata, considerando lo shock portato dal Covid, ma prima dello scoppio della pandemia e delle drammatiche conseguenze economiche legate al lockdown, in Italia il rischio di povertà stava diminuendo.

La percentuale misurata dall’Istat nelle statistiche sulle condizioni di vita degli italiani nel 2019 è rimasta elevata, ma i segnali di miglioramento ci sono stati. Anche nel Mezzogiorno, dove i dati continuano ad essere più gravi della media nazionale, ma che ha seguito in questo caso l’andamento generale.

Ciò non toglie però che la distanza tra ricchi e poveri resti amplissima, più profonda nel nostro Paese degli altri grandi Stati europei, a partire da Francia e Germania.

Lo scorso anno, spiega l’Istat, la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale si è ridotta dal 27,3% del 2018 al 25,6% per la minore incidenza delle situazioni di grave deprivazione materiale e di bassa intensità lavorativa.

Il Sud è rimasto l’area del Paese con la percentuale più alta, anche se in significativa riduzione rispetto all’anno precedente: dal 45% del 2018 si è infatti passati al 42,2%.

Il rischio di povertà è risultato inevitabilmente più frequente nelle famiglie numerose, con cinque o più componenti, dove si è confermato per più di una persona su tre (34,3%), nonostante un chiaro miglioramento, sottolinea ancora l’Istituto di statistica, rispetto all’anno precedente (36,9%).

Più nel dettaglio, la povertà o l’esclusione sociale rappresentano un pericolo concreto soprattutto tra gli individui delle famiglie con tre o più figli (34,7% dal 36,0% nel 2018), tra le persone sole (30,6% da 30,9% nell’anno precedente), in particolare tra quelle che hanno meno di 65 anni (32,4% da 31,7% nel 2018), e nelle famiglie monogenitore (34,5% da 35,4%).

Il reddito netto medio delle famiglie, pari a 31.641 euro annui, è cresciuto ancora in termini nominali (+0,8%) ma ha registrato una lieve contrazione in termini reali, pari al -0,4%.

La disuguaglianza, evidenzia l’Istat, è rimasta stabile ma significativa: il reddito totale delle famiglie più abbienti continua infatti ad essere sei volte quello delle famiglie più povere.

Infine il cuneo fiscale: nel 2018, ben prima del taglio operato dal governo, la somma dell’imposta personale sul reddito da lavoro dipendente e dei contributi sociali del lavoratore e del datore di lavoro è stato in media di 14.643 euro, stabile sopra il 45%.

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