Biden frena l’Ue sulla Cina: “Serve fronte comune”

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. (ANSA/EPA)

WASHINGTON. – Dall’America arriva un monito all’Europa a non chiudere troppo in fretta l’accordo sugli investimenti con la Cina. E stavolta a parlare non è Donald Trump, ma una delle voci più autorevoli della futura amministrazione guidata da Joe Biden.

L’aspirazione dell’Unione europea sarebbe quella di firmare l’intesa con Pechino entro la fine dell’anno, per assicurare alle aziende del Vecchio Continente un maggiore accesso e una maggiore penetrazione nell’immenso mercato cinese, ponendo fine a decenni di pratiche discriminatorie. Un fiume di investimenti per ridare ossigeno a un’economia devastata dalle conseguenze della pandemia.

Ma per Biden, quando si parla di Cina, gli alleati europei devono fare fonte comune con gli Usa. Non si può andare in ordine sparso, ognuno per conto suo.

Il messaggio del presidente eletto raggiunge l’altra sponda dell’Atlantico attraverso un tweet del futuro consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan. Ex uomo di fiducia di Barack Obama e di Hillary Clinton, Sullivan invita Bruxelles e le principali capitali europee ad avviare al più presto delle consultazioni con Washington per discutere “le comuni preoccupazioni” legate all’economia del Dragone.

A partire dal ricorso al lavoro forzato e alla diffusa violazione dei diritti umani. Un punto su cui anche l’amministrazione Trump ha battuto negli ultimi mesi, infliggendo diverse sanzioni a molti responsabili del Partito comunista e a molte aziende del gigante asiatico. Una stretta mirata soprattutto a chi è coinvolto nelle politiche repressive della minoranza musulmana degli uiguri, nella regione dello Xinjiang.

Ma la vera preoccupazione di Washington, fatta propria da Biden, è che lo Eu-China Comprehensive Agreement on Investment al di là degli aspetti economici rappresenti di fatto una “vittoria simbolica” di grande rilievo per Pechino, che vedrebbe assicurato un accesso preferenziale in Europa per le sue aziende. Una sorta di premio, insomma, nonostante le responsabilità sul fronte della diffusione della pandemia e quelle per la repressione degli uiguri e delle forze di opposizione ad Hong Kong, condannate da tutta la comunità internazionale.

Ma il tempo stringe dopo sei anni di negoziati tra Bruxelles e Pechino.  E Biden, che giurerà il 20 gennaio, potrebbe non fare in tempo a fermare l’intesa prima del suo insediamento col rischio – teme Washington – che l’Europa pur di stringere un’intesa tanto attesa possa mettere da parte le preoccupazioni legate al lavoro.

A quel punto, spiegano gli esperti, potrebbe diventare molto più difficile per la nuova amministrazione Usa costruire una linea transatlantica comune sulla Cina assieme agli alleati europei.

E mentre da Pechino il ministero degli Esteri fa sapere che le accuse sullo Xinjiang, últimamente stigmatizzate dal Parlamento europeo, sono del tutto prive di fondamento, da Bruxelles assicurano come il destino dell’intesa con la Cina dipenderà proprio da come verrà affrontata la questione della pratica del lavoro forzato.

Intanto Biden, insieme alla sua vice Kamala Harris, parla agli americani e promette il massimo impegno per rafforzare il pacchetto di stimoli all’economia e di aiuti alle famiglie varato dal Congresso. É la promessa di un Natale segnato dalla pandemia che negli Stati Uniti non accenna a dare tregua, in attesa che parta il piano anti-Covid del nuovo governo e che la campagna di vaccinazione cominci a dare i primi risultati tangibili.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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