Conte-Renzi, confronto ad alta tensione con l’ombra di Draghi

Matteo Renzi a Porta a Porta in foto d'archivio
Matteo Renzi a Porta a Porta in foto d'archivio. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Non sarà il faccia a faccia risolutivo per il prosieguo del Conte II ma, dopo l’attesissimo incontro tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Renzi il quadro, nel governo e forse anche al Quirinale, risulterà un po’ più chiaro. Di certo il premier e il leader di Iv tornano a vedersi – la mattina alle 9 – nel solco di una tensione che non accenna a scemare.

E che vede, contestualmente, aumentare il pressing del Pd su alcuni nodi chiave e il nervosismo interno ai gruppi del M5S. Con un’ombra che, forse mai come in queste ore, aleggia su Palazzo Chigi: quella dell’ex numero della Bce Mario Draghi, che il presidente del Consiglio annuncia di volerlo sentire presto dopo il suo discorso al G30.

“Italia Viva è un compagno di viaggio. In questo momento sta sollevando dei problemi, sta rivendicando delle petizioni politiche, è importantissimo ritrovare chiarezza di intenti, condivisione di obiettivi e soprattutto grande visione. Domani ci confronteremo nel merito e vediamo se ci sono le condizioni per andare avanti più forti di prima”, dice in una intervista Tv il premier avvertendo che la Task force per il Recovery Plan ce la chiede l’Europa, anche se si può migliorare.

Poi l’apertura ad un eventuale rimpasto: “Se ci sono richieste è giusto ascoltarle”. Infine una battuta: è una gara a lasciare le poltrone, una volta la si faceva per occuparle.

Il leader di Iv metterà invece sul tavolo del premier il documento redatto con la corposa summa di proposte per i prossimi mesi. Si va dal Mes sanitario alle riforme costituzionali fino, ovviamente, alla richiesta di una netta marcia indietro di Palazzo Chigi sulla cabina di regia per il Recovery così come era sta pensata qualche giorno fa. In Iv, spiegano fonti renziane, si può arrivare al massimo ad accettare una struttura di missione molto snella e senza alcun accenno a poteri in deroga.

“Andremo giù duri sul merito, il rimpasto non è più la questione. O rinuncia alle sue proposte con evidenza pubblica o per noi si chiude”, è l’ultimo grido di battaglia che arriva da fonti Iv.

In caso di rottura totale la crisi, tuttavia, non sarà immediata. La legge di bilancio verrà in messa in cassaforte e poi, da gennaio in avanti, ogni giorno potrebbe essere buono per porre la parola fine. Nei corridoi dei Palazzi c’è chi scommette sulla mancata tenuta del gruppo di Iv, c’è chi prevede l’apporto dei responsabili (dall’Udc a Cambiamo!) e c’è chi individua il momento della crisi un po’ più in là, a ridosso della primavera. In pochi però, parlano del ritorno immediato alle urne, avallando così la tesi renziana.

E Matteo Salvini, alla presentazione del libro di Vespa, sposa la strategia di Giancarlo Giorgetti, che al Corsera parla di un centrodestra non pronto a governare ed evoca l’arrivo di Draghi. “Se non ci sono le elezioni l’alternativa è un governo di centrodestra, non un governo Salvini, ci sono persone fuori dalla politica che possono traghettare il Paese alle elezioni”, spiega il leader della Lega trovando ancora una volta Giorgia Meloni su una sponda diversa: “Io non faccio governi con alleanze con Renzi o il Pd”.

Ma davvero il M5s e il Pd accetterebbero una maggioranza di unità nazionale che, probabilmente, sarebbe poi chiamata ad eleggere il successore di Sergio Mattarella? Difficile, tanto che Andrea Orlando ribadisce come il Pd non voglia la crisi. Ma il pressing dei Dem aumenta. Sulla legge elettorale, sul Mes sanitario e anche sui servizi.

“Sul dossier “aprirei una riflessione, non per mancanza fiducia ma perché sappiamo bene che nello scenario politico internazionale è una delega gravosa di grandi responsabilità”, spiega il ministro degli Affari Ue Enzo Amendola mentre dal gruppo di Pd avvertono: “non ci siano fughe in avanti sulla cybersicurezza”.

Del resto, sul Recovery Plan e sui servizi anche nel M5s emerge più di un mugugno sui metodi di Conte. “Come si fa ad andare avanti così? Sembra che il Parlamento non serva più a niente”, sottolinea una deputata. A testimonianza del fatto che, Iv o non Iv, Conte dovrà rivedere la sua strategia, non solo sulla task force del Recovery.

(di Michele Esposito/ANSA)

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