Coronavirus in Italia: incidenza ancora elevata con 18.727 casi. 761 decessi

Un senza fissa dimora davanti una vetrina a piazza di Spagna durante lo shopping natalizio, Roma,
Un senza fissa dimora davanti una vetrina a piazza di Spagna durante lo shopping natalizio, Roma, 5 dicembre 2020 ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Continua a scendere il valore dell’indice di trasmissibilità Rt, che ha toccato lo 0,82 a livello nazionale, così come si conferma il trend di diminuzione della pressione sulle terapie intensive ed i reparti ospedalieri. Tutti segnali che confermano l’efficacia delle misure di restrizione adottate finora per frenare l’epidemia da Covid-19, ma che ancora non consentono di aprire all’ottimismo: l’incidenza dei nuovi casi, sia pure anch’essa in calo, resta infatti ancora molto elevata e la curva relativa ai decessi evidenzia una discesa particolarmente lenta, con ancora 761 morti registrati nelle ultime 24 ore.

La fotografia dell’epidemia in Italia che emerge dall’ultimo monitoraggio settimanale del ministero della Salute-Istituto superiore di sanità evidenzia come l’allerta nel Paese resti alta, invitando a non allentare le misure ed i comportamenti prematuramente.

Infatti, sebbene si osservi una diminuzione significativa dell’incidenza dei casi a livello nazionale negli ultimi 14 giorni (454,70 per 100.000 abitanti nel periodo 30/11/2020-06/12/2020 contro 590.65 per 100,000 abitanti nel periodo 23/11/2020-29/11/202), il valore è ancora molto elevato. L’incidenza rimane cioè ancora “troppo elevata per permettere una gestione sostenibile”, si afferma nel monitoraggio.

Secondo le valutazioni della cabina di regia, dunque, attualmente 5 Regioni sono classificate ancora a rischio Alto (Puglia, Sardegna, Veneto, ER, Pa Trento), 14 Moderato e 2 Basso. Inoltre, in 16 Regioni risulta ancora alto l’impatto sui servizi sanitari per sovraccarico delle terapie intensive, dell’area medica e per numero di focolai.

Un quadro che trova riscontro anche nei dati giornalieri, che registrano 18.727 positivi ai test per il coronavirus nelle ultime 24 ore (contro i 16.999, di ieri ma con un numero inferiore di tamponi) e 761 vittime (ieri sono state 887). In totale in casi in Italia sono arrivati a quota 1.805.873, le vittime sono 63.387. I tamponi effettuati per il coronavirus nelle ultime 24 ore sono 190.416, quasi 20 mila in più in rispetto a ieri, ed il tasso di positività è del 9,8% (stabile rispetto a ieri, quando era stato del 9,9%).

Su fronte dell’occupazione dei posti letto ospedalieri, sono 3.265 i pazienti in terapia intensiva per il Covid-19 con un saldo negativo tra ingressi e uscite di 26 unità nelle ultime 24 ore. Gli ingressi giornalieri in rianimazione sono stati 208. Nei reparti ordinari ci sono invece ricoverate 28.562 persone, in calo di 526 unità rispetto a ieri.

Complessivamente, gli attualmente positivi sono 690.323 (-6.204), i guariti e i dimessi 1.052.163 (+24.169), in isolamento domiciliare si trovano ora 658.496 persone (-5.652).

La notizia positiva, sottolinea all’ANSA Giuseppe Arbia, professore di Statistica economica all’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma, “è che si conferma il trend in calo per numero di contagi, tasso di positività e occupazione delle terapie intensive.

Quella negativa, invece, è che la curva dei decessi sta calando molto lentamente”. Questo perché, spiega, “dopo la fase di aumento ed il raggiungimento del picco, c’è una fase di stallo o plateau in cui i valori permangono alti per un certo periodo. Dobbiamo quindi attenderci qualche altro giorno con un numero variabile ma sempre alto di decessi prima di iniziare a registrare una diminuzione marcata”.

A fronte di questo quadro, ha commento l’esperto, “non credo sia dunque opportuno parlare di un allentamento delle misure, non mi sembra una buona strategia; inoltre, una volta prese delle misure queste vanno mantenute altrimenti non è un bel segnale”.

Invita all’estrema cautela anche Stefano Vella, direttore Salute globale all’Università Cattolica: “Contagi e morti, al momento – ha affermato a Rainews 24 – fanno registrare in realtà valori più o meno stabili”, senza un calo marcato. Ma questo, conclude, “non è un segnale incoraggiante, bensì molto preoccupante”.

(di Manuela Correra/ANSA)

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