L’Isis rivendica l’attacco di Vienna, 4 le vittime

Polizia austriaca sul luogo dell'attacco terrorista
Polizia austriaca sul luogo dell'attacco terrorista. EPA/CHRISTIAN BRUNA

BERLINO. – L’Isis rivendica l’attentato di Vienna. Fejzulai Kujtim, il ventenne che ieri sera ha seminato il terrore nelle strade del centro storico della capitale austriaca uccidendo 4 persone e ferendone 22, ha agito “da soldato del califfato”, ha fatto sapere l’organizzazione attraverso i suoi mezzi di propaganda. L’Europa però responde compatta e il cancelliere Sebastian Kurz assicura: “Difenderemo i nostri valori e non ci lasceremo spaventare”.

Kujtim, ucciso dalla polizia subito dopo la scellerata missione, era cittadino austriaco, originario della Macedonia del Nord e con doppia nazionalità: già arrestato nel 2019, era riuscito a tornare a piede libero in anticipo, dopo aver ingannato i responsabili del programma di deradicalizzazione. Aveva anche postato su Instagram le sue intenzioni.

Dopo Nizza, la strage commessa in Austria conferma come il Vecchio continente, in piena pandemia, sia attraversato da un’ondata di attentati in un clima di tensione esacerbato dalle invettive del presidente turco Erdogan contro la Francia di Emmanuel Macron, “reo” di aver difeso la pubblicazione delle vignette satiriche di Maometto.

E l’Europa si è sollevata oggi in modo corale. “Siamo più forti dell’odio e del terrore”, ha detto per tutti la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen. Anche Papa Francesco è intervenuto: “Basta con la violenza. Costruiamo insieme la pace e la fraternità”.

Angela Merkel ha parlato di un “nemico comune” e il capo dell’Eliseo ha promesso “sostegno incondizionato” alla guerra al terrore. “Non esiste un conflitto fra cristiani e musulmani, fra l’Austria e i migranti – ha detto Kurz parlando alla nazione -. Ma c’è un conflitto fra tante persone che vogliono la pace e pochi che vogliono la guerra. Un conflitto fra la civiltà e la barbarie”.

Vienna ha decretato il lutto di Stato per tre giorni. Mentre nella giornata di oggi sono stati effettuati 14 fermi, tutti convertiti in ordini di custodia cautelare. Altri due arresti sono stati eseguiti in Svizzera. E sono state perquisite molte abitazioni: anche quella dell’attentatore, dove sono state trovare munizioni.

A finire vittime dei colpi di un uomo armato di fucile automatico, pistola e machete – la cintura esplosiva era finta – sono state due donne, una delle quali di nazionalità tedesca, e due uomini. Colpito anche un poliziotto, operato nella notte e ora in condizioni stabili. Dei 23 feriti, 10 sono stati dimessi in serata e 3 risultano ancora in condizioni molto gravi.

Dopo una notte da incubo, Vienna si è risvegliata in un clima di paura: gli inquirenti sospettavano che vi fossero altri attentatori in fuga – ritenevano potessero aver agito in 4 – e hanno chiesto ai viennesi di non lasciare le loro case. La comunità ebraica ha chiuso centri religiosi e tutte le sue istituzioni nel Paese, dal momento che due persone erano state intercettate dai colpi del terrorista proprio davanti alla sinagoga.

Il ministro dell’Interno Karl Nehammer ha poi chiarito nel pomeriggio che “non sono emersi indizi che facciano ritenere che vi fossero più attentatori”.

Kujtim avrebbe però una rete di contatti con jihadisti tedeschi, stando alle informazioni rivelate dallo Spiegel. Del resto, nell’aprile 2019 era stato condannato a 22 mesi di carcere proprio per aver tentato di raggiungere la Siria e affiliarsi all’Isis.

Un viaggio naufragato grazie agli inquirenti turchi, che lo fermarono per rimandarlo in Austria, dove fu processato. Ma il ventenne non è rimasto a lungo in cella: ha approfittato del regime agevolato stabilito dalla legge per i giovani. E oggi Nehammer ha criticato la decisione di chi lo ha liberato così presto.

L’avvocato dell’epoca è rimasto allibito: non aveva “mai pensato che avrebbe potuto commettere un attentato” quel ragazzo finito nella cerchia di “amici sbagliati”. “Se invece della moschea avesse frequentato un centro di box, sarebbe diventato un pugile”, è la sua convinzione.

(di Rosanna Pugliese/ANSA)

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