Meneghin: “Noi settantenni in panchina, non in naftalina”

Dino Meneghin, in una foto d'archivio.
Dino Meneghin, in una foto d'archivio. ANSA / MATTEO BAZZI

MILANO. – In quanto ‘over 70’ non si considera affatto una riserva della società, ma Dino Meneghin è pronto a mettersi in panchina se verrà deciso un lockdown per gli anziani. “Che poi in realtà io e mia moglie siamo in un nostro lockdown da tempo, perché siamo a rischio e perché i numeri a Milano sono pessimi da inizio ottobre”, spiega all’ANSA la leggenda della pallacanestro italiana che, in attesa delle nuove misure anti-Covid del Governo, rivendica per la sua categoria anagrafica un ruolo ben diverso da quello di “persone non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese” di cui ha parlato il presidente della Liguria, Giovanni Toti.

“Sono sicuro che l’abbia sparata lì su Twitter ma non voleva dire quello. Molti, con 70 e più anni, sono ancora produttivi, non sono mica tutti rimbambiti che stanno a casa e basta. Come me, molti altri non si sentono con la naftalina in tasca. Sono più freschi di tanta gente più giovane, hanno esperienza e sanno adattarsi – osserva Meneghin, 70 anni compiuti il 18 gennaio, e un carriera di successi con le maglie di Varese, Milano e della Nazionale, primo giocatore italiano a entrare nella Hall of Fame del basket -.

Noi anziani siamo stati produttivi, le pensioni di adesso vengono pagate grazie al nostro lavoro, molti mantengono figli e nipoti con le loro pensioni. E poi siamo un grandissimo bacino di voti, devono stare attenti a come parlano: siamo vecchi, ma se ci arrabbiamo suono guai per tutti”.

Ad ogni modo l’idea di limitare la socialità degli anziani non è peregrina secondo l’ex presidente della Federbasket, sposato con Caterina, medico chirurgo plastico. “Siamo sicuramente una categoria a rischio. Mi aspettavo qualcosa del genere. Non mi piace, ma se è la regola la seguiremo, con grande sacrificio – spiega -.

E comunque non è che stia andando in giro per ristoranti e discoteche, già da tempo.  Io e mia moglie facciamo una vita decisamente tranquilla. Invece in giro ci sono tanti giovanotti scapestrati, con la mascherina sotto al mento, in gruppo. Se ne sbattono. In una famiglia di amici, il ragazzino di 16 anni andava in giro a fare il fesso, risultato: lui positivo asintomatico e la nonna due mesi in ospedale”.

Oggi Meneghin collabora con la Federbasket nelle pubbliche relazioni a livello internazionale, ma in questo momento “più che qualche telefonata non si fa niente, tutto è bloccato: per uno abituato da sempre a stare in movimento mi rompe stare a casa. Temo – ragiona – che ci aspetterà questa vita per molti mesi.

Il vaccino non è vicino. Ma ci vuole chiarezza. Dopo la batosta di primavera, dalla politica mi attendevo l’assunzione di medici e infermieri, e attenzione ai mezzi pubblici per evitare di ammassare i passeggeri. La gente non vuole essere presa in giro: la freghi una volta, due, alla terza ribalta la casa”.

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