Saad Hariri torna alla guida di un Libano ferito

Il nuovo premier del Libano Saad Hariri arriva al palazzo presidenziale a Baabda, Beirut,
Il nuovo premier del Libano Saad Hariri arriva al palazzo presidenziale a Baabda, Beirut, EPA/WAEL HAMZEH

ROMA.  – Dopo un anno di sommovimenti politici, rovesci economici e tragedie paragonabili agli anni della guerra civile, il Libano torna alla casella di partenza. Il presidente Michel Aoun ha dato l’incarico di formare il nuovo governo a Saad Hariri, che il 29 ottobre dello scorso anno si era dimesso sotto l’incalzare di una crisi finanziaria senza precedenti negli ultimi 30 anni e delle proteste popolari contro l’intero sistema politico-confessionale, giudicato ineficiente e corrotto.

Di questo sistema Saad Hariri è uno degli esponenti di maggiore spicco, ma a nessuno sfugge che la gravità del momento impone riforme troppo a lungo rinviate di cui il nuovo premier dovrà assumersi la  responsabilità, una volta che sarà riuscito a dare vita ad un nuovo esecutivo nelle lunghe ed estenuanti trattative per l’assegnazione dei ministeri.

Appena ricevuto l’incarico, dal palazzo presidenziale di Baabda Hariri ha ammesso che per il Libano questa “è la sola ed ultima possibilità” di rimettersi in piedi, e per questo ha promesso di formare un “governo di esperti” per “attuare le riforme” in linea con “l’iniziativa francese”.

Una rassicurazione, dunque, al governo di Parigi, che con l’Occidente in generale e con l’Arabia Saudita è il più importante sostenitore di Hariri, e che si è messo alla testa delle iniziative di sostegno al Paese dei Cedri dopo la catastrofica esplosione in un deposito di nitrato d’ammonio che il 4 agosto ha colpito Beirut provocando 200 morti e 300mila sfollati. Per ben due volte, dopo quella tragedia, il presidente Emmanuel Macron si è recato in visita in Libano, promettendo aiuti in cambio di un processo di riforme efficace.

Iniziative che hanno permesso alla Francia di ridare lustro alla sua immagine sulla scena libanese, mentre folle di cittadini scendevano nelle piazze per esprimere la loro rabbia nei confronti dei politici locali.

Ma nessuna rivoluzione è avvenuta e ora, come ha sottolineato Jan Kubis, coordinatore speciale dell’Onu per il Libano, sono ancora “le forze politiche tradizionali che si assumono l’incarico di indicare la strada, nonostante i loro numerosi fallimenti del passato e il profondo scetticismo per il futuro”.

“Non contate sui miracoli, elezioni straniere o donatori esterni, il salvataggio deve partire in Libano, dal Libano”, ha avverito Kubis. E per fare questo Hariri avrà bisogno del sostegno anche delle forze avversarie, con le quali la convivenza e la collaborazione in Libano è inevitabile. A partire da Hezbollah, il Partito di Dio sciita sostenuto dall’Iran, che ha dato un tacito assenso alla sua nomina.

A Tripoli, città nel nord del Libano a maggioranza sunnita come Hariri e in un quartiere anch’esso sunnita di Beirut, il suo ritorno alla guida del governo è stato salutato con spari in aria che hanno provocato sei feriti. Anche questa una vecchia usanza che sembra impossibile estirpare.

Ma per i festeggiamenti rimane poco tempo.  Il nuovo premier dovrà mettere mano a una crisi che nel marzo scorso ha portato il Paese al default finanziario, ha incrinato l’immagine delle banche libanesi – colonna portante dell’economia nazionale – e ha fatto sprofondare metà della popolazione nella povertà.

(di Alberto Zanconato/ANSA)

 

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