Scattano sanzioni Ue per Navalny. Cremlino: “Illogico”

Il leader dell'opposizione russa Alexei Navalny, Immagine d'archivio.
Il leader dell'opposizione russa Alexei Navalny, Immagine d'archivio.(ANSA/AP)

MOSCA.  – Scattano le sanzioni, finalmente con nomi e cognomi. Il Consiglio europeo ha infatti dato luce verde e sulla gazzetta ufficiale Ue sono stati pubblicati i famosi sei individui russi – più un ente – inseriti nella lista nera, con divieto d’ingresso e congelamento dei beni.

A pagare dunque per il tentato omicidio di Alexei Navalny saranno politici e funzionari di alto rango, più l’Istituto di ricerca scientifica russo per la chimica organica e la tecnologia (GosNIIOKhT), considerato dietro lo sviluppo del Novichok e di altre armi chimiche. Il Cremlino ha bollato il tutto come una decisione “ostile e illogica”, che “comprometterà i rapporti” fra Ue e Russia.

Ma vediamo più nel dettaglio chi è stato colpito dalle sanzioni. Al primo posto spicca Alexander Bortnikov, capo dei Servizi di Sicurezza Federali (Fsb) eredi del Kgb; poi il primo vice capo dell’amministrazione presidenziale Serghei Kiriyenko e il responsabile della politica interna Andrei Yarin; quindi i vice ministri della Difesa Pavel Popov e Alexei Krivoruchko.

Per finire Serghei Menyailo, plenipotenziario di Vladimir Putin nel distretto federale siberiano, ovvero dove Navalny è stato avvelenato. In aggiunta (ma per tutt’altro motivo, ovvero la violazione dell’embargo in Libia) l’Ue ha sanzionato anche Yevgeny Prigozhin, soprannominato lo “chef di Putin” in virtù dei munifici contratti di catering accordati dal Cremlino: oligarca misterioso, definito dallo zar in persona il George Soros russo, è stato indicato come terminale ultimo della “fabbrica dei troll” nonché della Wagner, la compagnia d’armi privata attiva appunto in Libia e in altri teatri scottanti del globo.

Prigozhin nega ogni coinvolgimento e si dice “amareggiato” per le sanzioni, che lo costringeranno a rivedere “i miei numerosi progetti imprenditoriali nei paesi dell’Unione Europea” e a vedere meno “i miei amici del Parlamento Europeo che, proprio come me, sono sostenitori dei valori conservatori e che mi appoggiano in ogni modo possibile”.

Frasi sibilline, in pieno stile Prigozhin. Il Soros russo è peraltro invischiato pure nella vicenda Navalny, dato che lo ha trascinato in tribunale – insieme alla sua alleata Lyubov Sobol e allo stesso Fondo Anti-Corruzione – chiedendo oltre un milione di euro di risarcimento per la loro inchiesta sulle forniture di cibo avariate nelle scuole. Naturalmente ha vinto. E da allora ha giurato pubblicamente di puntare a ridurre sul lastrico Navalny e soci.

Prigozhin a parte, i sei nomi della lista-Navalny non sembrano però scelti con molto criterio. “Sono i soliti sospetti”, ha commentato l’analista Mark Galeotti. “Bortnikov è già sanzionato dal 2014… e poi perché non includere i servizi militari (Gru) o quelli esteri (Svr)? E perché escludere il capo di Kiriyenko, ovvero Anton Vaino, il responsabile dell’amministrazione presidenziale?”, scrive Galeotti sul Moscow Times.

“Così pare un’ammissione di ignoranza: prendere di mira le persone sulla base della presunzione di colpa. Nel mentre chi era probabilmente più direttamente coinvolto quasi certamente l’ha fatta franca”.

Al di là dei nomi, resta il segnale politico. Tra Mosca ed Europa, ormai, è davvero inverno.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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