Milizie e complottisti, incubo caos dopo voto Usa

Manifestanti armati protestano contro il lockdown in Harrisburg, Pennsylvania.
Manifestanti armati protestano contro il lockdown in Harrisburg, Pennsylvania. (AFP/Nicholas Kamm)

WASHINGTON.  – C’è un fantasma che aleggia sulle elezioni presidenziali tra le più divisive della storia americana: quello del caos prima e dopo il voto, la possibilità di proteste che possano sfociare in disordini e violenze, in scontri tra gruppi dell’estrema destra e della galassia degli anarchici e degli Antifa.

Uno scenario che le autorità hanno ben presente, soprattutto nel caso in cui Donald Trump, la notte del 3 novembre, non accettasse un’eventuale sconfitta agitando lo spettro di brogli elettorali.

Non è un caso se gli uomini della Guarda Nazionale sono  stati già messi in allerta: “Sono pronti a intervenire se le forze di polizia dovessero chiedere aiuto”, ha affermato il ministro dell’esercito Ryan McCarthy.

Finora al suo ministero non è arrivata alcuna richiesta, ma giorni fa anche il capo di stato maggiore delle forze armate Usa, il generale Mark Milley, aveva fatto riferimento all’ipotesi di un finale di campagna elettorale rovente e di elezioni contestate, pur ribadendo che i militari non avranno alcun ruolo nel determinare il risultato o nel pattugliare le strade delle città.

“Il compito della Guardia Nazionale è quello di supportare le forze dell’ordine a proteggere le proprietà federali”, ha spiegato McCarthy.

Ma la preoccupazione è tanta. La principale quella legata alla miriade di gruppi armati dell’alt-right e del suprematismo bianco che in queste settimane si starebbero già organizzando. E il cui livello di pericolosità è apparso chiaro in questi giorni, con la scoperta da parte dell’Fbi di un piano per rapire l’estate scorsa due politici democratici: la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer e il governatore della Virginia Ralph Northam, rei di aver deciso il lockdown per limitare la diffusione della pandemia.

Ed è proprio un asse tra il mondo delle milizie e l’universo negazionista che si starebbe materializzando in queste settimane che precedono il voto. Prove di alleanza che hanno avuto come teatro nell’ultimo weekend il Red Pill Expo di Jekyll Island, in Georgia, non a caso luogo simbolo per gli amanti delle teorie del complotto, lì dove nel 1910 si svolse l’incontro segreto in cui furono gettate le basi per la nascita della moderna Federal Reserve. A darsi appuntamento sono state centinaia di persone e attivisti appartenenti ai gruppi più disparati: dai no-vax ai no-mask, dai cospirazionisti agli scettici contrari alla scienza.

Speaker d’eccezione – come racconta il Guardian – Stewart Rhodes, leader del movimento di estrema destra Oath Keepers (Custodi del giuramento), milizia armata che conta circa 25.000 militanti in tutta America, la maggior parte ex militari o poliziotti.

“Il 3 novembre i nostri uomini saranno fuori dai seggi per assicurare che tutto vada per il verso giusto”, le inquietanti parole di Rhodes, che  ricordano il controverso recente appello di Trump a vigilare sul voto. Tra gli interventi anche quello di Mikki Willis, noto per il video divenuto virale in cui si sostiene che il virus è un’invenzione delle case farmaceutiche e di Bill Gates.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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