Parte da Roma la sfida M5s sulle alleanze

Beppe Grillo e Virginia Raggi sul palco al termine della manifestazione M5s per il No al referendum costituzionale, dalla Basilica di San Paolo alla Bocca della Verità, a Roma, 26 novembre 2016
Beppe Grillo e Virginia Raggi sul palco al termine della manifestazione M5s per il No al referendum costituzionale, dalla Basilica di San Paolo alla Bocca della Verità, a Roma, 26 novembre 2016. ANSA/ CLAUDIO PERI

ROMA. – Virginia Raggi resterà con altissime probabilità la candidata di tutto il M5s per la poltrona del Campidoglio. E la sua corsa non basterà né a mandare in soffitta il tavolo con il Pd per la condivisione dei candidati alle amministrative nelle grandi città né a far schierare gli iscritti pentastellati a fianco di Luigi Di Maio o Alessandro Di Battista. Anzi.

Il confronto con il Pd dovrebbe partire a breve, comunque prima della fine dell’anno. Nel giorno in cui arriva anche nel centrodestra l’ “outsider” a sparigliare le carte, con Vittorio Sgarbi che si autocandida per la Capitale, gli schieramenti sembrano ripartire tutti alla pari. Tutti “rosicchiati” da un competitor interno nel campo di riferimento elettorale.

Carlo Calenda non ha ancora sciolto la riserva ma da Azione fanno filtrare che allo stato esiste la possibilità che decida di correre da solo senza il Pd, “che vuole solo perdere tempo, anche ricorrendo alle primarie, nel tentativo di trovare un accordo con il M5s”. Insomma, “un inaccettabile giochino contro la città”.

I dem, con il segretario Nicola Zingaretti, stoppano di contro quello che definiscono un “delirio di chiacchiericcio e retroscena inesistenti. Il candidato sindaco di Roma lo decideranno, nelle forme e nei modi che riterranno opportuni, in modo trasparente e autorevole, i dirigenti e i cittadini romani” taglia corto il segretario. E così sarà.

Mercoledì il segretario romano del Pd, Andrea Casu, ha convocato il tavolo con gli alleati per cominciare ad affrontare la questione e indicare una possibile data per le eventuali primarie.

Anche Virginia Raggi marcia spedita e ha convocato un’assemblea per discutere del programma a cui prendono parte, oltre gli attivisti, via Zoom, Paola Taverna, i “facilitatori” regionali del Lazio ed Alessandro Di Battista, fiero oppositore delle intese col Pd. E che dunque si schiera attivamente con la sindaca uscente proprio mentre sembrava che Luigi Di Maio volesse prenderne le distanze: “non mi fossilizzerei sui singoli nomi” aveva detto prima di far precisare al suo staff che di queste parole era stata fatta solo “becera strumentalizzazione” e che lui la sindaca l’ha sempre “sostenuta e la sostiene”.

Insomma il sostegno di Maio alla Raggi resta e questo non dovrebbe precludere ai 5 Stelle di stringere comunque un patto con il Pd su tutte le città e non su un “singolo comune o un singolo nome”.

L’intesa si farà e presumibilmente su Torino (con un candidato scelto dal M5s), Milano (dal Pd), Bologna (dal Pd) e Napoli (dal M5s) con Roma che rimarrà “con un asterisco”. Si vedrà che fare. Senza scartare neppure l’opzione rischiosa di convergere sul candidato M5s o Pd solo al secondo turno.

Per il momento i 5 Stelle hanno infatti altre gatte da pelare con gli Stati Generali che si avvicinano. La guerra ora sembra spostata decisamente sul campo, con una campagna diretta agli attivisti. Solo venerdì, ad esempio, si sfidano in rete da una parte l’Associazione Rousseau che con Davide Casaleggio lancia una nuova applicazione e rivela: “abbiamo fatto il giro della morte” ma gli attivisti sono con noi.

Dall’altra il gruppo di Parole Guerriere, quello che vuole togliere Rousseau a Casaleggio e che lancia il suo webinar per annunciare la sua mozione per gli Stati Generali. E giusto giovedì scade il termine per la raccolta di firme avviata dal deputato Giuseppe Brescia che insieme a 40 firmatari chiede che la piattaforma Rousseau si trasformi in un mero “fornitore puro” del M5s e già “prima del voto degli stati generali”.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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