La notte dei vice, è scontro tra Pence e Harris

La candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti con Joe Biden, Kamala Harris.
La candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti con Joe Biden, Kamala Harris. (Ansa)

WASHINGTON.  – America incollata nuevamente davanti alla tv per quello che potrebbe essere l’ultimo duello prima del voto, se veramente quelli tra Donald Trump e Joe Biden saltassero a causa del virus. É la notte dei vice.

Ma anche dei due potenziali presidenti, perché il 61enne Mike Pence e la 55enne Kamala Harris potrebbero subentrare in qualsiasi momento per motivi di salute a due leader così anziani, prima ancora di giocarsi le loro ambizioni nelle elezioni del 2024.

Per questo motivo John Hudak, del think tank Brookings Institution, lo ha definito alla vigilia “il dibattito più importante da 40 anni, da quando sono iniziati quelli tra i vice”.

Teatro del primo ed unico confronto tra i numeri due la Kinsbury Hall della Utah University a Salt Lake City, capitale di uno Stato roccaforte repubblicana e a maggioranza mormona. Novanta minuti senza interruzioni pubblicitarie, moderatrice Susan Page di Usa Today, con l’aspirazione di far dimenticare il confronto caotico e rissoso tra i rispettivi capi.

Le prime schermaglie sono cominciate ben prima del dibattito, con lo scontro tra le due campagne sulle misure da adottare contro il virus dopo la positività di Trump. Il primo round è andato alla Harris: tra i due candidati, seduti ad una distanza di quasi 4 metri, ci sono le barriere di plexiglass che il team di Pence inizialmente non voleva.

Ma il plexiglass è diventato solo un esempio plastico delle divisioni che separano i due rivali, come stile e come valori, dall’aborto alle nozze gay, dall’immigrazione alle proteste razziali. Sino alla pandemia, il terreno più scottante dopo la nuova offensiva negazionista lanciata dal presidente nonostante il virus abbia colpito lui e lo staff della Casa Bianca.

Per Harris, già protagonista della copertina di novembre di Elle come prima candidata di colore alla vicepresidenza, un’occasione nel dibattito più importante della sua carriera di uscire dal basso profilo tenuto sinora per non fare ombra a “Joe”, E andare all’attacco non solo di Trump ma dello stesso Pence, che guida la task force contro il coronavirus, sfruttando le doti inquisitorie affinate quando era procuratrice in California, come ha dimostrato anche da senatrice torchiando vari testimoni eccellenti.

Per Pence, conservatore evangelico, una prova di grande equilibrismo nel tentativo di difendere Trump senza compromettere le sue future ambizioni presidenziali, tenendo fede al suo ritratto di soldato fedele, disciplinato, flemmatico, capace di smorzare e tradurre i messaggi incendiari del boss in termini più accettabili per i repubblicani moderati e gli elettori indecisi: dal “law and order” all’immigrazione.

Ma in grado anche di attaccare Harris quale cavallo di troia della sinistra radicale, come dettato dal tweet di giornata del presidente: “É molto più a sinistra del pazzo Bernie Sanders”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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