Pressing Zingaretti agita la maggioranza sulle riforme

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti.
Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. (ANSA)

ROMA. – Nicola Zingaretti ‘terremota’ la maggioranza sul terreno delle riforme costituzionali e dell’azione di governo avvertendo gli alleati che, soprattutto davanti all’evoluzione della crisi economica e sanitaria, non si può restare fermi a guardare. E lo fa riferendosi al capitolo sicurezza – con i decreti Salvini in predicato di approdare in Cdm lunedì prossimo, al Mes (su cui il pressing dem non ha mai smesso di chiedere “un salto di qualità e incisività”) e alla riforma elettorale.

Insomma, scandisce un Zingaretti tutto all’attacco: “Non possiamo governare insieme con quattro idee diverse di Paese” e occorre “superare quei limiti che hanno rallentato tanti dossier” dando alla maggioranza “un’anima e una visione”.

Ma è soprattutto sulle riforme che il segretario Pd concentra la propria attenzione avanzando una proposta ‘ampia’ che a molti, però, è parsa più come un aut aut. E che passa dal superamento del bicameralismo perfetto e i poteri del governo (strada, questa, che fa subito irritare M5s che insiste invece sulla via delle riforme puntuali e circoscritte), dalla non negoziabilità della soglia del 5% del Germanicum (urtando gli alleati minori).

Come se non bastasse una apertura al dialogo al centrodestra è apparsa a molti come una scossa anche a Palazzo Chigi, quasi una allusione all’apertura al confronto anche su altri terreni, che potrebbe sfociare in una rimessa in discussione dell’assetto della maggioranza e della guida del governo. Del resto, ha avvertito, “il governo e la maggioranza non vanno avanti solo per eleggere il presidente della Repubblica”.

Zingaretti ha voluto presentare le proposte di riforme con lo stato maggiore del Pd: con lui, infatti, Andrea Orlando, Roberta Pinotti, Graziano Delrio, Dario Franceschini, nonché Dario Parrini e Stefano Ceccanti che hanno elaborato il testo depositato poi in Parlamento in giornata.

Nel merito la proposta prevede da un lato che il Parlamento in seduta comune, in futuro composto da soli 600 eletti, voti la fiducia al governo, nonché i decreti, la Legge di Bilancio, le ratifiche di trattati internazionali. Il Senato avrebbe l’esclusiva delle inchieste, mentre per le leggi ordinarie la Camera avrebbe l’ultima parola. Prevista inoltre la sfiducia costruttiva, da discutere anch’essa davanti al Parlamento in seduta comune.

Appena lunedì scorso, in un convegno all’Università la Sapienza in cui si era parlato di questa riforma, M5s aveva chiarito, con Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali, di non gradirla volendo mantenere il bicameralismo. A Zingaretti ha replicato duramente il capogruppo di M5s Davide Crippa: “Per dare ulteriore impulso alle Riforme costituzionali non servono annunci di parte, occorre confronto e condivisione”. Anche perché le altre riforme concordate (voto ai 18enni per il Senato e pdl Fonraro) marciano spedite, e a ottobre saranno votate dalla Camera.

Altro motivo di fastidio tra i pentastellati, la raccolta di firme su change.org lanciata dai Dem in favore di questa proposta, una forma di pressione con gli strumenti digitali “rubati” proprio al Movimento. Ad aumentare la tensione si è aggiunta la precisazione che nella legge elettorale in discussione, la soglia del 5% per il Pd non è negoziabile; affermazione che ha suscitato la reazione negativa di Leu e dei Verdi, mentre Iv con Maria Elena Boschi non ha sollevato obiezioni, rilanciando però le preferenze che Zingaretti ha detto di non amare, preferendo i collegi uninominali proporzionali.

L’invito al centrodestra al confronto è stato letto con sospetto a Palazzo Chigi: “E’ un contributo – ha detto Zingaretti – che rivolgiamo alle opposizioni. Fi e il presidente Berlusconi hanno dato una disponibilità, e non c’è una chiusura pregiudiziale della destra italiana di Salvini e Meloni”.

Invito ribadito dal capodelegazione Dem al governo, Dario Franceschini. Il leader della Lega è stato sprezzante parlando di “fango, pantano, passato” per la legge elettorale. Ma in casa Dem non c’è fretta: nella Lega potrebbe imporsi la linea di Giorgetti, ipotesi ora remota ma che aprirebbe lo scenario temuto a Palazzo Chigi.

Da rilevare che una parte di Forza Italia, con Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino, ha ribadito interesse al proporzionale (purché con preferenze) in un ottica di autonomia degli azzurri rispetto a Lega e Fdi.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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