Lo stato di diritto spacca il negoziato sul Recovery

Bandiere europee sventolano davanti alla sede della Commissione Europea in Bruxelles.
Bandiere europee sventolano davanti alla sede della Commissione Europea in Bruxelles. EPA/OLIVIER HOSLET

BRUXELLES.  – Le spaccature tra Paesi partner ed istituzioni europee sullo stato di diritto incendiano il negoziato su Bilancio europeo e Recovery Fund.

Nel giorno in cui la Commissione europea torna a bacchettare Polonia e Ungheria per la grave erosione dei loro sistemi democratici – e Twitter sospende temporaneamente il profilo del governo di Viktor Orban – le incrinature tra i Paesi si sono mostrate così profonde da far paventare alla presidenza tedesca di turno ritardi e conseguenze sulla ripresa economica dell’Unione.

Nove Paesi, sebbene per motivi opposti, hanno votato contro la proposta della Germania per un meccanismo di mediazione sulla condizionalità dello stato di diritto legata al bilancio Ue, passato solo a maggioranza qualificata, grazie anche al voto determinante dell’Italia.

Una nuova faglia con Polonia e Ungheria all’attacco da un lato, e i Frugali (Olanda, Svezia, Finlandia, Austria, Danimarca) più Belgio e Lussemburgo dall’altro. Una riedizione allargata di quanto era avvenuto la settimana scorsa, quando sette cancellerie (anche in quel caso Polonia e Ungheria più i Paesi frugali) avevano posto il veto sulle ratifiche da parte dei Parlamenti nazionali del capitolo delle “risorse proprie”, vincolando Bilancio Ue e Recovery Fund in un unico pacchetto.

Di fronte a questo scenario, l’ambasciatore tedesco che conduce i negoziati, Michael Clauss, ha dovuto ammettere tutto il suo sgomento. “É aumentata la mia preoccupazione che con il dibattito acceso sul meccanismo sullo stato di diritto nell’Ue e al Consiglio si vada sempre più incontro ad un blocco sull’insieme dei negoziati sul bilancio. Il programma continua ad essere ritardato. Già ora saranno molto probabilmente inevitabili ritardi”.

A riprova delle parole di Clauss,  fonti del Parlamento europeo hanno fatto nuovamente filtrare che i negoziati, dopo cinque round di discussioni, sono ancora ad un punto morto. Ma il premier Giuseppe Conte ha sollecitato: “Dopo quello che è stato fatto non è possibile non procedere speditamente. Ne parleremo anche a Bruxelles, credo”.

Il dossier non è all’ordine del giorno del vértice straordinario dei 27 leader di domani e venerdì, convocato dal presidente del Consiglio Charles Michel principalmente per affrontare  questioni di politica estera, a partire dalle relazioni dell’Unione con la Turchia, ma non è da escludere che, vista la situazione, il tema sia sollevato. Di sicuro sarà in agenda al summit di metà ottobre.

D’altra parte la pagella sullo stato di diritto, distribuita per la prima volta dalla vicepresidente della Commissione europea Vera Jurova e dal commissario alla Giustizia Didier Reynders a tutti gli Stati membri non ha contribuito a distendere gli animi. Varsavia e Budapest, già entrambe colpite da procedure europee per il cattivo stato di salute delle loro democrazie, come prevedibile si sono distinte in peggio, seppure in compagnia di  Bulgaria, Romania, Croazia e Slovacchia.

E sebbene Jurova e Reynders in conferenza stampa abbiano evitato di esprimersi sui casi dei singoli Stati, i servizi stampa dell’Esecutivo hanno pubblicato le relazioni proprio mentre al Coreper la presidenza di turno tedesca invitava gli ambasciatori a dare il via libera alla proposta sul meccanismo dello stato di diritto per avviare i negoziati col Parlamento.

Com’è chiaro, la circostanza ha contribuito ad esacerbare gli animi, anche se non è stata il motivo scatenante della nuova spaccatura in Consiglio, dove alcuni sospettano che lo stato di diritto per i Frugali sia stato più che altro usato come un pretesto per far slittare il pacchetto di aiuti.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

Lascia un commento