Bonomi: nuovo patto per il Paese. Il Governo apre

Il premier Giuseppe Conti (D) ed il presidente di Confindustria Paolo Bonomi (S) scambiano un saluto.
Il premier Giuseppe Conti (D) ed il presidente di Confindustria Paolo Bonomi (S) scambiano un saluto. (ANSA)

ROMA.  – Carlo Bonomi chiede una “visione alta e lungimirante”, invita il Governo a scrivere con le parti sociali “un nuovo grande patto per l’Italia, avverte che serve “una azione comune” altrimenti “non sarà una azione efficace”.

La linea è coerente, la svolta nel confronto con il Governo è nel clima: il presidente di Confindustria ha archiviato i toni di duro scontro degli ultimi mesi parlando all’assemblea pubblica degli industriali. E quando, dopo di lui, intervengono il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ed il premier Giuseppe Conte, Bonomi registra nelle loro parole “disponibilità”, “una apertura molto forte”, “un buon inizio di dialogo”.

Il Presidente del Consiglio raccoglie l’invito a superare le contrapposizioni: “Abbiamo una grandissima sfida, non abbiamo alternative, dobbiamo vincerla e lo possiamo fare solo tutti insieme”. Anche per il ministro “se vogliamo tutti bene all’Italia è il momento di lavorare insieme per affrontare le sfide che ci attendono”: ci sono oggi i presupposti per lavorare ad un patto per l’Italia “ad una condizione, che lo si faccia tutti assieme. Non possiamo far prevalere il senso della contrapposizione. La storia ci guarda, ci guardano i nostri figli”.

Cosa è cambiato? ÉConfindustria ad aver cambiato posizione nei confronti del Governo, o il contrario? “Penso la seconda – risponde Bonomi -. Mi sono preso qualche appunto, ho posto l’accento su 4.0, ammortizzatori sociali, diseguaglianze generazionali, di genere e di territorio. Ho posto alcuni temi. Sono temi che sia Patuanelli che il premier hanno ripreso dicendo che vogliono intervenire”; “La nostra posizione non è mai cambiata”; “Ora abbiamo avuto aperture, poi vogliamo vederle nei fatti”; “E’ il segno che la strada che indichiamo da mesi era quella corretta”.

Il leader degli industriali che nei primi mesi dell’emergenza Covid ha chiesto con forza misure mirate, progettualità, di non disperdere le risorse a pioggia, si appella “allo spirito Ue” e avverte: “I sussidi non sono per sempre, né vogliamo diventare un Sussidistan”.

“Oggi sono stato molto chiaro nel dire che possiamo mettere in campo tutte le misure e gli strumenti che vogliamo ma non si traducono in beneficio per l’economia se non si ha una visione di Paese”; “E’ il metodo che deve cambiare”.

Resta il pressing, ora con toni più concilianti. Ma non mancano i riconoscimenti, come alla “credibilità” che Conte ha conquistato in Europa, “un asset su cui lavorare” al G20.

Un volume di 385 pagine (‘Il coraggio del futuro – Italia 2030-2050) raccoglie le proposte al Governo, la “visione di Paese” di Confindustria da qui a trent’anni, le “scelte anche controvento” auspicate dagli industriali. E’ ampia la relazione di Bonomi. E’ netto sul Recovery Fund rivolgendosi al premier: “Se si fallisce non va a casa solo lei. Andiamo a casa tutti. Il danno per il Paese sarebbe immenso. Non ce lo possiamo permettere”. E sul Mes: rinunciare sarebbe “un danno certo”.

Nella sua relazione si sofferma con attenzione sulle sfide per i giovani e per le donne. Sul fisco una richiesta: “Perchè passare alla tassazione diretta mensile solo per i 5 milioni di autonomi? Facciamo lo stesso per tutti i lavoratori dipendenti sollevando le imprese dall’onere ingrato di continuare a svolgere la funzione di sostituti d’imposta”.

Serve anche “una profonda” riforma degli ammortizzatori sociali, tema sul quale “abbiamo inviato a metà luglio a governo e sindacati una proposta dettagliata, cui finora non abbiamo visto seguito”: va fatta anche “smontando” una parte del reddito di cittadinanza, non il contrasto alla povertà ma quella sulle politiche del lavoro che “non funziona”.

Per Bonomi c’è poi un “fraintendimento” con i sindacati che spera “si superi presto”: Confindustria “sta subendo una serie di accuse” sul suo “presunto” no al rinnovo dei contratti: “Nessuno di noi ha mai pensato né parlato di blocco, il problema sono le regole da rispettare”.

(di Paolo Rubino/ANSA)

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