Colpo Biden, pagati 300mila dollari di tasse nel 2019

Il candidato alla presidenza degli Stati Uniti Joe Biden. (Ansa)

WASHINGTON.  – Il primo gancio Joe Biden lo sferra qualche ora prima di salire sul ring del primo duello tv con Donald Trump, pubblicando la sua dichiarazione dei redditi: nel 2019 l’ex vicepresidente ha pagato in tasse federali sul reddito quasi 300 mila dollari.

Altro che i 750 dollari sborsati dal presidente sia nel 2016 che nel 2017, senza contare il saldo “zero tasse” che compare sulle dichiarazioni fiscali di Trump in 10 degli ultimi 15 anni.

Lo scoop del New York Times, che ha rivelato quelle informazioni che per anni Trump ha tentato di nascondere, anche al Congresso e alla magistratura, pesa come un macigno sul primo dibattito presidenziale, che nella notte va in onda da uno degli Stati Usa da sempre decisivi per la vittoria finale, l’Ohio. Un match di 90 minuti in cui il presidente e l’ex vicepresidente – senza stretta di mano nel rigoroso rispetto del distanziamento sociale – si giocano gran parte delle loro chance di vittoria il prossimo 3 novembre. Una partita per questo senza esclusione di colpi.

Del resto lo si era già capito dagli ultimi tweet prima del confronto, con Trump che ha rievocato lo spettro dei brogli elettorali parlando di “elezioni truccate” e l’ex vicepresidente che ha attaccato “un presidente senza scrupoli, a cui non importa nulla della salute degli americani”, come dimostra la sua gestione della pandemia e la volontà di voler cancellare l’Obamacare e con essa la copertura sanitaria per milioni di mpersone.

Trump dunque sulla difensiva, con la bomba del Nyt esplosa proprio quando con la nomina della giudice cattolica e conservatrice Amy Coney Barrett alla Corte Suprema sperava di aver riacciuffato il pallino del gioco. I due candidati alla Casa Bianca sanno bene di non potersi permettere il pur minimo errore, e così davanti alle telecamere la paura è più quella di sbagliare che altro.

In realtà dai sondaggi, a poco più di un mese dal voto, emerge come solo il 3% degli elettori si farà influenzare dai tre dibattiti presidenziali, e anche lo scandalo tasse che in queste ore sta travolgendo il presidente potrebbe non spostare più di tanto l’ago della bilancia. La stragrande maggioranza degli americani che andranno a votare, insomma, avrebbe già deciso.

Una brutta notizia soprattutto per Trump, stabilmente indietro rispetto a Biden in tutte le rilevazioni: secondo il sito specializzato RealClearPolitics, che calcola la media dei principali sondaggi, alla vigilia del primo confronto televisivo l’ex braccio destro di Barack Obama è in vantaggio di oltre 6 punti.

E Biden è avanti anche in tutti i più combattuti Stati in bilico, anche se in molti casi in una situazione di sostanziale testa a testa. Per questo nel primo round dei confronti televisivi è soprattutto il presidente chiamato ad attaccare, e come su un ring cerca quel colpo del ko che imprima una svolta alla sua campagna.

Dal palco della Case Western Reserve University di Cleveland ha l’occasione di rivolgersi a milioni di americani e di andare oltre il suo tradizionale zoccolo duro, quello dei fan sfegatati dei comizi in stile “Make America Great Again”, intercettando il più possibile gli indecisi.

La sfida di Biden, più che con Trump, è con sé stesso: non cadere nella trappola delle provocazioni di cui The Donald è maestro. Non ripetere quindi gli errori che furono fatali ad Hillary Clinton quattro anni fa, quando l’ex first lady si lasciò andare a una serie di botta e risposta che alla fine favorirono l’avversario, molto più abile a tenere la scena con il suo temperamento impulsivo e la sua indole da showman.

Intanto Nick Akerman, ex procuratore federale del Watergate, lo scandalo che travolse Richard Nixon, ha spiegato alle tv come Trump e la figlia Ivanka rischino seriamente un processo per evasione fiscale dopo la rivelazione delle dichiarazioni dei redditi del presidente.

Si tratta di un reato che in America viene punito con una pena fino a 5 anni di carcere. “Ho indagato sulle dichiarazioni dei redditi di Nixon. Confrontate con quelle di Trump, Nixon era un principiante”, ha ironizzato Akerman.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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