Spesa sanitaria oltre 117 miliardi, +1,3 sul 2018

Medici ed infermieri nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Policlinico Tor Vergata
Medici ed infermieri nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Policlinico Tor Vergata, in una immagine dell'11 aprile 2020. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA.  – Da quella per i farmaci a quella per il personale sanitario, la spesa sanitaria in Italia è passata da 116 miliardi del 2018 a 117,3 del 2019, con un aumento quindi di 1,3 miliardi in un anno.

É quanto emerge dal Rapporto sul monitoraggio sulla spesa sanitaria italiana 2020, pubblicato dalla Ragioneria Generale dello Stato. Cartina di tornasole delle politiche sanitarie pre Covid, letti in prospettiva, questi numeri parlano dell’aumento di pazienti curati con farmaci innovativi, di stretta sulle prescrizioni facili e anche del taglio del personale sanitario.

Se si guarda al periodo 2002-2019, la spesa sanitaria corrente di contabilità economica è passata da 78,9 miliardi a 117,3 milioni di euro, con un incremento in valore assoluto pari a 38,3 miliardi. Ma a partire dal 2007 c’è stato un cambio di rotta: se fino a quel momento cresceva un incremento medio annuo del 5,8%, nel quinquennio successivo, l’aumento è stato più contenuto e pari al 2,2%, per ridursi allo 0,8% dal 2011 in poi: specchio delle misure di razionalizzazione, inclusa l’adozione dei piani di rientro regionali. La fetta maggiore della spesa sanitaria è assorbita dagli stipendi dei lavoratori dipendenti, overo medici, infermieri e personale sanitario.

Pur se aumentata dai 27,6 miliardi del 2002 ai 35,2 nel

2019, con un incremento medio annuo dell’1,4%, è cresciuta meno della spesa sanitaria complessiva del periodo. Di pari passo, infatti, ricorda la Ragioneria Generale, è diminuito il personale, tagliato tra il 2009 e il 2018, di oltre 45.000 unità. Altra grande fetta di torta è rappresentata dalla spesa per i farmaci erogati nel corso dei durante i ricoveri ospedalieri o in distribuzione diretta e per conto: è aumentata dal 2002 al 2019 di oltre 8,9 miliardi e il peso percentuale sulla spesa sanitaria complessiva è passato dal 3,3% del 2002 al 9,8% del 2019.

Questo rispecchia “l’introduzione di farmaci innovativi caratterizzati da prezzi elevati” e “principalmente la somministrazione di medicinali per la cura dell’epatite C e delle patologie oncologiche”. In controtendenza, la spesa per la farmaceutica convenzionata dal 2002 al 2019 è diminuita di 4,2 miliardi, con un tasso di riduzione media annua del 2,6%: un trend frutto “del meccanismo di riequilibrio dell’eventuale sfondamento attraverso il pay-back e l’accresciuto controllo sulle prescrizioni farmaceutiche”.

Cresce invece, sotto il peso delle lunghe liste d’attesa nel pubblico, la spesa per acquisti di prestazioni specialistiche, riabilitative e protesiche presso strutture private accreditate: nel 2019 tocca i 24,7 miliardi ed è aumentata dal 2002 al 2019 di 10,5 miliardi, con un tasso di crescita annuo del 3,4%. La performance del nostro Servizio sanitario nazionale, si legge, “si colloca ai primi posti nel contesto europeo e mondiale, per la qualità delle prestazioni, nonché per l’equità e l’universalità di accesso alle cure”.

Tuttavia, afferma il Rapporto, a fronte di una popolazione che invecchia velocemente, “il mantenimento degli standard qualitativi raggiunti rende indispensabile affrontare il tema della sostenibilità dei costi del sistema sanitario pubblico in presenza di livelli di finanziamento condizionati dai vincoli finanziari” relativi agli impegni assunti dall’Italia in Europa. E l’esperienza mostra “che esistono margini di efficientamento e di razionalizzazione del sistema”.

(di Livia Parisi/ANSA)

Lascia un commento