Conte allarga il Recovery alle Camere, ma è assedio Mes

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è intervenuto alla tappa romana del Roadshow del Patto per l’Export presso il Tempio di Adriano
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è intervenuto alla tappa romana del Roadshow del Patto per l’Export presso il Tempio di Adriano. Roma, 09/09/2020 - (Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

ROMA. – La Festa dell’Unità, la conferenza stampa sulla scuola, il “blitz” tv su Mediaset. Sembrano già lontani i giorni del silenzio di Giuseppe Conte. Ma il premier, con le Regionali in vista ed una maggioranza in ebollizione, è passato alla controffensiva. Dalla sua, c’è la carta del consenso e lo scudo del Recovery Fund.

Ed è soprattutto quest’ultimo il jolly che Conte si giocherà per stabilizzare il governo. Un governo che, è il suo ragionamento, non può capitolare davanti “al dovere morale” di risollevare l’Italia con le risorse Ue. Ma anche il Recovery Fund ha un suo “dark side”: è il Mes, sul quale, cresce l’assedio al capo dell’esecutivo.

Sarà Conte, comunque, a trattare con i vertici Ue a metà ottobre, quando in un Consiglio europeo che si annuncia cruciale il premier poterà sul tavolo le linee della manovra economica e quelle che guideranno il Recovery italiano. Il premier ha tempo. La data del 15 ottobre, che lo stesso governo a luglio delineava come deadline, si è svelata come una primissima tappa della trattativa con l’Ue sul Recovery Plan. Trattativa che, sotterraneamente, potrebbe cominciare già nelle riunioni europee di settembre. Ma che finirà solo nel primo quadrimestre del 2021 con l’ok formale al piano.

E il dilatamento dei tempi ha un primo effetto benefico: allunga anche i tempi della durata del governo, soprattutto con la vittoria del Sì al referendum del 20 settembre. Stabilità che non esclude il rimpasto. “Se ci sarà dopo il 15 settembre sull’onda dei problemi sulla scuola? Lo escludo”, taglia corto Conte difendendo Lucia Azzolina.

Ma dopo le Regionali il quadro potrebbe cambiare. Il rilancio del patto di governo, con tanto di “rimpastino”, potrebbe perfino essere opportuno. Intanto Conte gioca la carta del “dialogo” con tutti sulle riforme economiche. Con le forze parlamentari, ma anche con quelle “sociali, culturali, economiche”.

Si preannuncia una nuova girandola di incontri a Palazzo Chigi. Con Confindustria, con i sindacati, con i rappresentanti della società civile. Del resto, già la riunione del Ciae di questa mattina, assieme a Conte, Enzo Amendola e i ministri competenti, ha visto la partecipazioni di Regioni e Province, nelle persone di Donatella Tesei e Michele De Pascale. Oggi il vertice a Chigi con i capigruppo della maggioranza completerà il primo cerchio.

Entro il 15 ottobre le linee guida del Recovery Plan finiranno in Parlamento. Con un’incognita: ci finirà anche il Mes? Palazzo Chigi, al momento, ne esclude la possibilità. Ma sul fondo salva Stati è scattato l’assedio. Perfino Roberto Gualtieri, citato ieri dallo stesso Conte come sparring partner nella valutazione se attivare o meno il Mes, fa un’apertura non di poco conto: “consideriamo il Mes importante, vogliamo massimizzare l’uso delle risorse Ue”, sottolinea.

Dalla parte di Conte resta Dario Franceschini (“il Mes va deideologizzato”, spiega) mentre nel M5S il “no” al Mes, al momento, ha poche defezioni. E neanche Luigi Di Maio si smuove dalla posizione, benché la tregua con Conte (che nel pomeriggio lo elogia in pubblico sul fronte export) sia consolidata. Del resto, il M5S vive in una costante seduta di autocoscienza. L’accelerazione sugli Stati Generali ci sarà. Il come, ancora non si sa.

Nel pomeriggio alla Camera approda Davide Casaleggio. Il numero uno di Rousseau tiene una serie di incontri con alcuni “big” i cui volti, tuttavia, sono top secret. Di certo Casaleggio arriva a Montecitorio nel mezzo della rivolta anti-Rousseau nei gruppi. Ma non intende fare passi indietro, anche perché, secondo fonti a lui vicine, la lettera aperta pubblicata dai 24 parlamentari al capo politico Vito Crimi non era contro il principio della votazione di Rousseau ma contro modalità e tempistiche.

E toccherà a Crimi e al Comitato di Garanzia (formato da Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri) decidere se e quando far votare dagli iscritti la scelta “biblica” tra leadership collettiva o capo politico unico.Con la seconda opzione che, oltre a Casaleggio, vede a favore anche un silente Alessandro Di Battista.

(di Michele Esposito/ANSA)

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