Omicidio Colleferro, il branco si difende: “Mai toccato Willy”

Willy Monteiro Duarte, il 21enne picchiato a morte nella notte a Colleferro, in un'immagine presa dal suo profilo Facebook.
Willy Monteiro Duarte, il 21enne picchiato a morte nella notte a Colleferro, in un'immagine presa dal suo profilo Facebook.

ROMA. – Il branco si difende e rigetta le accuse. Anzi chiama in causa quelli che, secondo loro, sono i responsabili della morte di Willy. “Non siamo stati noi, ecco i nomi di chi ha partecipato a quella rissa”, hanno detto davanti al gip di Velletri Marco e Gabriele Bianchi, i due fratelli tutti tatuaggi e arti da combattimento. Scattano anche accuse incrociate per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il giovane di origini capoverdiane ammazzato di botte la notte tra sabato e domenica a Colleferro.

Una rissa senza “padri”, in cui i fratelli Bianchi si ritagliano un ruolo di “pacieri”, intervenuti per sedare un confronto tra due gruppi scoppiato per un “apprezzamento” ad una ragazza. Una posizione sovrapponibile a quella di Mario Pincarelli che ha negato le accuse assicurando di non avere avuto alcun ruolo attivo nel pestaggio del ventenne. Il quarto arrestato, Francesco Belleggia, si è limitato ad affermare che era lì quella sera ma non ha preso parte alla rissa.

Nei loro confronti non è contestata l’aggravante dell’odio razziale. I primi ad affrontare l’interrogatorio di convalida dell’arresto sono stati i fratelli Bianchi. “Non lo abbiamo toccato Willy – hanno detto davanti al gip che deve vagliare la richiesta avanzata dalla Procura che contesta a tutti e quattro il concorso in omicidio preterintenzionale -. Siamo intervenuti per dividere, abbiamo visto un parapiglia e siamo arrivati per dividere. Abbiamo ‘sbracciato’ ma il ragazzo non è stato colpito da noi, non ricordiamo neanche di averlo visto a terra”.

Nel corso del confronto con il magistrato i due fratelli hanno ricostruito le fasi precedenti al tragico pestaggio. I due erano usciti con un gruppo di amici e poi avevano deciso di andare in un altro locale, poi era stati chiamati nella zona del locale “Due di picche”. Dopo essere scesi dall’auto, a bordo del quale è rimasto un terzo amico (indagato a piede libero per favoreggiamento), i due hanno notato che era in corso una rissa.

Tutto sarebbe iniziato davanti al locale il tra due persone. E’ partito uno schiaffo per un apprezzamento ad una ragazza. La lite poi si sarebbe protratta fino all’edicola, in tutto circa 100 metri, dove si è consumata la tragedia. “Hanno detto al giudice di avere visto delle persone – ha raccontato il loro difensore, l’avvocato Massimiliano Pica – che conoscevano coinvolti nell’alterco con altri soggetti a loro sconosciuti e sono intervenuti per cercare di dividere i due gruppi. I miei assisti hanno fornito al giudice i nomi dei loro conoscenti”.

Nel corso dell’atto istruttorio i due indagati si sono detti “dispiaciuti e distrutti perché accusati di un omicidio che non abbiamo commesso”.

Nelle prossime ore il gip scioglierà la riserva sulla richiesta di arresto ma le difese già annunciano battaglia. “Depositeremo nuove prove e testimonianze che contraddicono quelle della Procura – spiega Pica -. Una cosa comunque è certa: non c’è alcuna telecamera che ha ripreso le fasi della rissa. In un video presente agli atti è visibile solo l’arrivo e la partenza dell’auto dove a bordo erano presenti anche i fratelli Bianchi”.

Domani, intanto, verrà effettuata presso l’istituto di medica legale del policlinico di Tor Vergata l’autopsia sul corpo del ventenne. Entro sabato ci saranno i funerali. La procura, dal canto suo, ha disposto una consulenza tecnico-scientifica sui vestiti indossati dai quattro arrestati. I pubblici ministeri hanno anche in programma l’analisi dei cellulari per ricostruire i contatti intercorsi tra gli indagati sia nella fase precedente al pestaggio che quella successiva.

Oggi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che si dice “scioccato e colpito profondamente” dall’omicidio di Willy, ha chiamato i familiare del giovane. “La magistratura sta svolgendo le indagini e la giustizia farà sicuramente il suo corso. Ma noi nel frattempo come reagiremo? Dobbiamo piuttosto moltiplicare gli sforzi, in ogni sede e in ogni contesto, affinché i nostri figli crescano nel culto del rispetto della persona e rifuggano il mito della violenza e della sopraffazione”, ha scritto il presidente del Consiglio in un post.

Sui fatti di Colleferro è intervenuto anche il vescovo di Velletri-Segni, monsignor Vincenzo Apicella per il quale “tutti siamo corresponsabili quando neghiamo a queste generazioni una speranza, una prospettiva, dei valori in cui credere, delle motivazioni di vita umana accettabili”. La violenza è il prodotto di “mancanza di cultura, di una vita vissuta in maniera non dico neanche animalesca, perché altrimenti potrei offendere gli animali”.

(di Marco Maffettone/ANSA)

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