Presidente Mattarella: “Dalla Chiesa determinato servitore dello Stato”

La foto del generale Carlo Alberto della Chiesa con una frase in suo ricordo.
In ricordo del Generale Carlo Alberto Della Chiesa.

PALERMO. – “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”: quella scritta anonima apparve all’indomani dell’omicidio di Carlo Alberto dalla Chiesa e di Emanuela Setti Carraro, avvenuto alle 21.15 del 3 settembre 1982. La A112 sulla quale viaggiava il prefetto, guidata dalla moglie, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una Bmw, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47 e per loro due non ci fu scampo. L’agente di scorta, Domenico Russo, che seguiva la vettura del generale, fu affiancata da una motocicletta, dalla quale furono esplosi altro colpi, che ferirono gravemente il poliziotto, che morì dopo 12 giorni in ospedale.

Oggi a 38 anni di distanza, come ad ogni ricorrenza, lo Stato e le sue istituzioni hanno ricordato la figura del prefetto perché tenerne viva la memoria è probabilmente il modo migliore per smentire quell’epitaffio dai toni pessimistici. Una corona di fiori è stata deposta sul luogo dell’eccidio dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese accompagnata dal prefetto Giuseppe Forlani e dal questore Renato Cortese.

“Dalla Chiesa voleva riportare la legalità a Palermo e soprattutto, sia pure per pochi mesi, ha avuto la possibilità di incontrare tutti i sindaci e di dare un nuovo modulo operativo”, ha detto la responsabile del Viminale.

A delineare l’attività di Dalla Chiesa sono le parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella: “ha servito lo Stato sempre animato dalla stessa determinazione e dalla costante fiducia nella capacità delle Istituzioni di affermare la legalità. Consapevole della necessità di una visione strategica globale contro la mafia così come contro il terrorismo, cercava di individuare i punti deboli di ciascuna organizzazione criminale e gli strumenti più efficaci per colpirli. Nei suoi quattro mesi da Prefetto di Palermo, colse lucidamente le debolezze dell’attività di contrasto e i pericoli che si celavano nell’impegno isolato e non ancora ben coordinato di uomini e uffici”.

La presidente del Senato Elisabetta Casellati, ricorda che il generale “fu uomo delle istituzioni e dall’altissimo senso dello Stato. Resterà per sempre un simbolo di resistenza e di lotta alla mafia e un esempio di dedizione totale alla causa della legalità, fino all’estremo sacrificio”.

“La sua testimonianza – ammonisce il presidente della Camera Roberto Fico- e il suo sacrificio, e di quanti come lui hanno combattuto fino in fondo la criminalità organizzata, ci ricordano il dovere di portare avanti, ognuno con i propri mezzi e le proprie responsabilità, questa importante battaglia”.

Anni bui quelli vissuti in quegli anni. Ma, osserva il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, “è un passato che abbiamo lasciato alle spalle ma che non possiamo né dobbiamo dimenticare proprio per rendere il giusto e doveroso omaggio a quei tanti caduti per la libertà di noi tutti”.

Insomma ribadisce Maria Falcone: “in via Carini il 3 settembre del 1982 non morì la speranza dei siciliani onesti ma germogliò la consapevolezza di tutta la società della necessità di una lotta corale a Cosa nostra. Restano ancora molti lati oscuri nel barbaro assassinio. E solo la verità piena potrà rendere onore al suo sacrificio”.

Infine un ricordo intimo del prefetto lo fa la figlia Rita nel libro “Il mio valzer con papà” i cui proventi andranno agli “orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri per “dare un segnale di speranza ai più giovani”.

(di Giovanni Franco/ANSA)

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