Tramonto dei Kennedy, nipote Bob perde primarie

Il deputato dem Joseph Kennedy III, durante la campagna elettorale delle primarie in Massachusetts.
Il deputato dem Joseph Kennedy III, durante la campagna elettorale delle primarie in Massachusetts. (AFP/ Joseph Prezioso)

WASHINGTON.  – Da gennaio i Kennedy saranno fuori dal Congresso. Non succedeva dal 1947, a parte una parentesi di 2 anni. L’ultimo erede della più famosa dinastía politica americana, il 39enne deputato dem Joseph Patrick Kennedy III, nipote di Bob Kennedy e pronipote di Jfk, è diventato il primo esponente del suo blasonato clan a perderé nel feudo di famiglia del Massachusetts, nelle primarie per un seggio al Senato.

É stato sbaragliato con una decina di punti di distacco da un veterano progressista del partito, il 74enne senatore uscente Edward Markey, da 44 anni a Capitol Hill, di cui sette nel ramo alto del parlamento. Una sconfitta umiliante, che potrebbe segnare il tramonto di una “gens” paragonata in Usa quasi ad una famiglia reale.

“Dem Royalty” a tutti gli effetti, ciuffo biondo-rosso di famiglia spettinato sulla fronte, sorriso irresistibile dei suoi predecessori, nel 2012 Joe era divenuto il primo Kennedy della sua generazione ad ottenere un seggio in politica. Da allora era considerato uno degli astri nascenti del partito, tanto che nel 2018 gli fu affidata la replica al discorso sullo stato dell’Unione del presidente Donald Trump.

Il seggio senatoriale poteva essere un trampolino di lancio per far tornare il clan di Camelot alla Casa Bianca.

Il giovane Kennedy ha riconosciuto subito la sconfitta e si è congratulato con il rivale, al termine di un duello fratricida, dato che i due hanno posizioni liberal molto vicine. Per marcare le differenze, aveva dovuto rinfacciare a Markey il suo voto a favore della guerra in Iraq e quello contro i bus anti segregazione, assicurando di essere più vicino di lui alle famiglie modeste e alle minoranze.

“Il mio nome e la mia famiglia non c’entrano, nella scheda ci sono solo io”, si era schermito. Il senatore si era presentato invece come un candidato anti establishment e aveva insistito sulle proprie umili origini come figlio di un lattaio, sulle sue battaglie liberal.

A fare la differenza sono stati i due schieramenti in campo, specchio di una lotta interna al partito che potrebbe deflagrare dopo le elezioni. Da un lato l’establishment, con a capo l’80/enne speaker della Camera Nancy Pelosi, che ha sostenuto Kennedy. Dall’altro i progressisti, che hanno appoggiato Markey: da Elizabeth Warren ad Alexandria Ocasio-Cortez, che ha firmato insieme a lui il Green New Deal ecologista e che nel 2024 potrebbe candidarsi alla Casa Bianca.

Quasi una “proxy war” tra la speaker della Camera e la giovane pasionaria del partito, leader di una sinistra costretta ad accettare di malavoglia la nomination del moderato Joe Biden e che dopo il voto intende regolare i conti. Markey ha vinto grazie all’ energica mobilitazione dei giovani, che evidentemente vedono nel clan Kennedy un simbolo di potere e privilegi.

“É una vittoria del movimento progressista”, hanno twittato Ocasio-Cortez e il senatore. Donald Trump invece ha cavalcato l’esito come una sconfitta della Pelosi e “una dimostrazione di quanto a sinistra è andato il partito”, accusando Joe Biden di non essere in grado di frenare la svolta radicale.

Ma sul tramonto dei Kennedy non e’ detta ancora l’ultima parola: in panchina c’e’  il 27enne  “Jack” Kennedy Schlossberg, figlio (telegenico e con ottimi studi) dell’ex ambasciatrice Caroline Kennedy, con cui ha lanciato un messaggio video alla convention dem citando una frase leggendaria del nonno Jfk: “possiamo raggiungere nuove frontiere ma solo con un presidente che chiede che cosa puo’ fare per il nostro Paese”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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