Caporalato, giudice per le indagini preliminari: “Sfruttamento in un clima di terrore”

Caporalato, Ufficio stampa Guardia di Finanza.
Caporalato, Ufficio stampa Guardia di Finanza.

MILANO. – Non solo sfruttamento dei braccianti, tutti di origine africana, sottopagati e costretti a turni anche di 12 ore al giorno, senza il riposo settimanale e senza nemmeno potersi fermare per bere un poco d’acqua a meno che non avessero con sé una bottiglia, ma anche mancanza di dotazioni di protezione per far fronte all’epidemia di Coronavirus e pure di docce e bagni a cui si aggiungono insulti a “sfondo razzista” e un “sistema del terrore”.

E’ il quadro che emerge dal provvedimento con cui il gip di Milano Roberto Crepaldi ha accolto la richiesta del pm Gianfranco Gallo, e ha disposto il sequestro di StraBerry, l’azienda modello nel Milanese con serre fotovoltaiche sui terreni di Cascina Pirola a Cassina De’ Pecchi.

Sotto indagine sono finite 7 persone tra cui il fondatore Guglielmo Stagno d’Alcontres, 31 enne di origini messinesi, ex bocconiano, definito dal giudice dominus del sistema di sfruttamento illecito in cui la paga era in genere pari a 4 euro e mezzo all’ora.

Nell’istanza del pm, e nel decreto del gip che ha avuto come conseguenza il commissariamento della società che aveva dato vita a una start up innovativa e che aveva incentrato il suo modello con la vendita delle ‘primizie’ in centro a Milano su Apecar, viene a galla come il caporalato fosse in realtà la carta giocata dall’imprenditore e dai suoi complici con buste paga per esempio “elaborate non correttamente e non in base alle ore effettivamente prestate” ma spesso conteggiate “in misura notevolmente inferiore” con “la regola” per giunta del “mancato pagamento dei due giorni di prova”.

A raccontare i soprusi, tra gli altri, c’è Mohamed, originario della Sierra Leone. Alla fine di luglio ha spiegato agli inquirenti che i capi, tra cui lo stesso d’Alcontres, dicevano “che siamo dei poveracci africani che non hanno niente” e che, come è accaduto a lui quando ha cercato di far valere i suoi diritti e ottenere il giusto compenso, è stato da uno di loro “spintonato violentemente provando a buttarmi fuori dall’ufficio e mentre mi spingeva continuava a venirmi sulla faccia e continuava ad urlare e sputacchiarmi in faccia”. E poi “erano molto offensivi, sempre, usavano parole come coglione, negro, cazzo, negro di merda, animali” .

Emerge ancora dalle carte che alcuni di loro, i “vecchi” sarebbero stati istruiti a dire a coloro che erano addetti a controllare se tutto fosse in regola “io no pagare orario ma pagare giornata, giornata prendiamo più o meno 50 euro una giornata”.

E poi, tra l’altro, “i servizi igienici sono costituiti da un bagno chimico ad esclusivo uso del personale di origine italiana. Non c’è un servizio igienico per gli operai” provenienti dall’Africa i quali per lavarsi hanno a disposizione “una gomma dell’acqua fuori dal magazzino” e per loro “non esiste un locale adibito a refettorio” e consumano il pasti dove capita”.

Inoltre è stato osservato, alcuni avrebbero usato “fito-farmaci” chiamati ‘le medicine’, “senza avere la formazione e le competenze prescritte e senza l’impiego degli idonei Dpi”. Infine, ha raccontato un altro “nessuno indossava la mascherina, nessuno indossava i guanti, non era rispettata nessuna distanza tra di noi operai. Lavoravamo sulle file di piante di fragole, le quali sono molto vicine tra di loro e di conseguenza eravamo tutti vicini l’uno all’altro”.

(di Francesca Brunati/ANSA)

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