Pressing Pd sulla Legge elettorale. M5s: “Noi rispetteremo i patti”

(S-D) Il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il premier Gouseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in occasione della chiusura della campagna elettorale delle elezioni regionali, Narni
(S-D) Il segretario del Pd Nicola Zingaretti, l'ex-premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in occasione della chiusura della campagna elettorale delle elezioni regionali, Narni, 25 ottobre 2019. ANSA/MATTEO CROCCHIONI

ROMA. – Il via libera, almeno in commissione alla Camera, alla legge elettorale. Il Pd, con il segretario Nicola Zingaretti, mette nero su bianco la condizione chiave perché, dal Nazareno, arrivi il placet al Sì al referendum. E il M5S risponde presente.

Ma il nodo tempi resta eccome. Da martedì prossimo, prima l’ufficio di presidenza della Commissione Affari Costituzionali e poi la capogruppo alla Camera verificheranno se un primo accordo sulla legge elettorale è possibile prima del 20 settembre. E, sempre la settimana prossima, in una direzione ad hoc, il Pd ratificherà la sua decisione.

Certo, i dubbi tra i Dem sul Sì al taglio dei parlamentari sono tutt’altro che spariti. Lo stesso Zingaretti, nella sua intervista al Corsera, parla di “insopportabile campagna all’insegna dell’anti-politica. Mentre la minoranza Dem, con il senatore Francesco Verducci, torna a sbandierare il suo “No” ad uno “scempio di cui presto ci si vergognerà”.

Gran parte dell’aera centrista è sulla stessa linea e Italia Viva, finora, ha mostrato una prudenza che sa di libertà di coscienza. Il rischio è che, nella sua battaglia per il Sì, il M5S resti solo. E non è un caso che Vito Crimi assicuri la massima fedeltà del Movimento al patto chiave della nascita del Conte 2.

“L’avvicinarsi della data del referendum sul taglio dei parlamentari ripropone contestualmente quello della legge elettorale. Su questo tema centrale il M5S si è già espresso chiaramente: siamo disponibili a dare il nostro contributo in qualunque momento”, scandisce il capo poltiico pentastellato.

Anche Iv, nelle scorse ore, ha aperto a un dialogo. Il problema, in questo caso, è la sostanza della legge elettorale. Che nei piani del Pd e del M5S dovrebbe volgere a quel proporzionale rispetto al quale i renziani hanno voltato le spalle.”

“Indipendentemente da quello che deciderà la commissione la legge elettorale nasce morta, perché poi in Aula a Montecitorio con il voto segreto non passerà mai”, avverte il leghista Roberto Calderoli, tra i massimi esperti dei lavori parlamentari.

Al Pd, tuttavia, basterebbe un primo sì alla legge elettorale per controbilanciare la partecipazione ad una campagna referendaria sulla quale, al Nazareno, c’è ben poco entusiasmo. Da quelle parti l’attenzione è certamente spostata sulle Regionali.

Dopo il voto “apriremo un grande dibattito sul futuro dell’Italia, a prescindere dal risultato. Il Pd si candida a guidare con spirito unitario la transizione a un’altra Italia”, sottolinea Zingaretti. E sebbene Michele Emiliano spieghi come un Congresso non serva, visto che Zingaretti ha piena legittimazione dalle primarie, il rischio che il post-voto, in caso di sconfitta in alcune Regioni-chiave, disarcioni il segretario, è tutt’altro che escluso.

Proprio Emiliano, in vista del 20 settembre, prova a proporsi come “interprete” dell’alleanza Pd-M5S al governo. Apre ad un accordo post-elezioni con i pentastellati e ringrazia “personalmente” Giuseppe Conte e Luigi Di Maio “per essersi spesi a favore di un’alleanza anche in Puglia”.

Le parole di Emiliano, tuttavia, innescano la trincea del M5S, preoccupato che la strategia del voto disgiunto prosciughi in maniera fatale il suo elettorato. E’ Di Maio a scendere in campo. Nel primo weekend di settembre sarà in Puglia per sostenere Antonella Laricchia, “che ha passione e idee chiare”. E che respinge qualsiasi accordo con Emiliano.

La campagna di settembre segnerà, tra l’altro, il rientro di Di Maio nell’agone politico. Ed è un rientro che conta, in vista degli Stati Generali d’autunno e delle annunciate dimissioni di Crimi. Un rientro che potrebbe essere permanente, sebbene lo stesso Di Maio sia favorevole ad una leadership collegiale.

Nel frattempo, il potenziale principale avversario del ministro degli Esteri, Alessandro Di Battista, resta in silenzio. Il puzzle è complesso, l’ombra della scissione sempre all’orizzonte. E sul rapporto con il Pd peseranno le intese per le Comunali 2021.

“Le polemiche sui ritardi nell’indicazione dei nomi sono prive di fondamento”, attacca Zingaretti parlando di “imbarazzante superficialità” con cui, in agosto, il futuro di Roma è entrato nel dibattito.

(Di Michele Esposito/ANSA)

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