Bettini lancia “terzo polo” a guida Renzi. Gelo Pd

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, a Porta a porta . Sullo sfondo Nicola Zingaretti.
Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, a Porta a porta . Sullo sfondo Nicola Zingaretti. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Il suo, come spesso accade, è un intervento a titolo personale. Ma è anche, come sempre, uno spunto per riflessioni ‘scomode’. Goffredo Bettini prende di petto il naufragio dell’alleanza Pd-5 stelle – di cui è stato grande sostenitore e regista – e prova a correre ai ripari.

Con un lungo articolo pubblicato oggi su ‘Il Foglio’ lui, che è membro della direzione nazionale del Pd e consigliere di Zingaretti, disegna un possibile scenario futuro per la politica italiana. E di quella del centro sinistra. Con o senza il trattino.

“Occorre un’alleanza a tre gambe, con Pd, M5s e area moderata e liberale”, è la sua ricetta cui aggiunge un ingrediente – se non segreto – di certo dai forti aromi: Renzi. L’attuale leader di Italia viva, scrive Bettini, “ha talento per progettare questo nuovo spazio. Sarebbe una svolta rispetto al suo ruolo di picconatore minoritario” e, sopratutto, “ritornerebbe a essere, nonostante le sue sconfitte, una grande personalità della democrazia italiana”.

Una guida necessaria per un’area che Bettini ‘quota’ al 10%, “ma che attualmente è spezzettata, afona e non rappresentata”. “Dico solo – spiega – che io la ritengo indispensabile, nello schieramento democratico. Darebbe maggiore ariosità, libertà, occasioni di confronto sulle idee; permettendoci di superare il rapporto solitario tra noi e i 5 Stelle, che alla lunga potrebbe diventare povero e persino stucchevole”.

“Italia viva è nata per aggregare i riformisti proprio mentre il Pd andava verso il M5s con una connotazione populista sempre più evidente”, interviene il capogruppo di Iv al Senato, Davide Faraone che, al pari di altri renziani (ma non di Roberto Giachetti, fortemente critico e irritato da Bettini che “non perde il vizio di dire agli altri quello che devono fare”) vede come “naturale”, se il sistema elettorale sarà quello proporzionale, “l’evoluzione di un polo moderato e riformista che riunisca chi la pensa allo stesso modo, ma che è collocato forzosamente dentro forze o addirittura coalizioni diverse”. Un percorso, insomma, che non strizza l’occhio ad “alchimie o giochini politici”.

Gelida, a volte anche stizzita, la reazione da parte dei dem che registrano, su tutti, un altolà alla proposta di Bettini – cortese ma fermo – dello stesso segretario Nicola Zingaretti: “Goffredo è una persona libera autonoma e generosa. C’è tra noi un ottimo rapporto e uno scambio continuo di idee. Su questa sua iniziativa vedremo come si svilupperà il dibattito. Anche se vedo delle ricostruzioni forzate del suo ragionamento, con franchezza devo dire che su questo punto con lui non la pensiamo allo stesso modo”.

Per il numero uno del Nazareno, il Pd “è la forza del riformismo italiano, incontro tra culture diverse per cambiare il Paese. Una forza – spiega – che anche in questa campagna elettorale con le alleanze nei territori si conferma l’unica alternativa credibile alle destre”. E “sono altri – puntualizza – spesso a mancare all’appello”.

A Zingaretti seguono i ‘no’ di molti altri democratici: il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, ad esempio, accusa Bettini di “guardare al passato” per “rimettere in pista i Ds”. Ma il Pd “nato al Lingotto – scandisce bene il concetto – è un’altra cosa e resterà il riferimento principale dei riformisti e dei moderati”.

Saracinesca giù anche da parte di un quartetto di tutto rispetto: “Non è più tempo di alleanze disegnate a tavolino. Il Pd è nato con la volontà di dare una casa a culture che si riconoscono nei principi e valori di un centrosinistra largo, unito, plurale. Chi ha scelto come Italia viva di collocarsi altrove, deciderà del suo destino. Il dibattito sul centro-sinistra con il trattino lo abbiamo superato anni fa. Nessuna nostalgia”, scrivono Alessandro Alfieri, Gianni Cuperlo, Maurizio Martina e Luigi Zanda.

Ma c’è anche chi, in una parte del gruppo dirigente Dem, fa propria l’idea di Bettini. Ovvero quella che parte dal presupposto (il richiamo a quel 10% non rappresentato e non adeguatamente guidato) che si vince per sommatoria, grazie a un’aritmetica elettorale – alla base del fu Ulivo – che non può prescindere dal mettere insieme i pezzi al fine di arrivare alla maggioranza. Per dirla alla Totò: ‘E’ la somma che fa il totale’.

E condivide, dunque, “analisi e scenario”, Enrico Gasbarra, promuovendo “la nascita della ‘terza gamba’ nel nostro campo politico”, strada giusta “per dare un equilibrio solido e vincente alle alleanze e ai programmi di governo alternativi alle destre populiste”. Teoria, questa, confutata dal senatore Dem Tommaso Nannicini (“Il Pd di Veltroni è nato in alternativa alla teoria delle ‘due gambe’ Ds-Margherita”), che però invita a una riflessione che esca “dai giornali” e si allarghi a elettori e militanti.

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