Libia: Haftar riapre i pozzi di petrolio dopo 7 mesi

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante l'incontro a Bengasi con il generale Khalifa Haftar. Immagine d'archivio.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante l'incontro a Bengasi con il generale Khalifa Haftar. Immagine d'archivio. (ANSA/EPA) (ANSA/ UFFICIO STAMPA LUIGI DI MAIO)

ROMA.  – Dopo sette mesi di blocco che hanno fatto crollare la produzione di petrolio in Libia, il comandante del sedicente Esercito nazionale libico (Lna) Khalifa Haftar consente la riapertura dei porti e dei giacimenti petroliferi.

La riapertura è una decisione presa “per alleviare le sofferenze dei cittadini, facendo funzionare l’elettricità, e preservare le infrastrutture petrolifere esistenti, comprese le attività di perforazione”, ha detto il comandante della Guardia delle strutture petrolifere dell’Lna Naji al-Maghrib in una dichiarazione video trasmessa dai media libici.

“Non vi sono obiezioni all’apertura dei porti e delle installazioni petrolifere, ha deciso il generale Haftar, dopo aver incontrato un membro del Consiglio di amministrazione della Compagnia petrolifera libica (Noc), Jadallah al-Awkali, e il presidente della Arab Gulf Oil Company (Agoco, filiale dalla Noc con sede a Bengasi), Mohamed bin Shatwan”, ha aggiunto al-Maghrib.

La mancata vendita di petrolio a causa del blocco ordinato da Haftar il 18 gennaio scorso, fino al 15 agosto ha provocato perdite per oltre 8 miliardi di dollari.

In un tweet, ieri sera, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha affermato che “l’Italia accoglie con favore l’annuncio della riattivazione dei terminal petroliferi in Libia. La riteniamo una scelta doverosa e di buon senso. Abbiamo sempre ritenuto che fosse inaccettabile affamare la popolazione libica, che merita invece un futuro libero e democratico. L’Italia è con la Libia e continuerà ad assisterla nell’ambito degli esiti della conferenza di Berlino”.

Haftar aveva deciso il blocco per strangolare il governo di accordo nazionale di Tripoli (l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale e che gode del massiccio sostegno della Turchia) nell’ambito dell’offensiva iniziata ad aprile 2019 che però non lo ha portato a conquistare l’occidente del Paese, come auspicava.

Le sue milizie, che puntavano alla capitale, non sono riuscite a lanciare lo sbandierato “attacco finale” e hanno invece iniziato a perdere posizioni cruciali, con le truppe del governo tripolino che hanno ripreso il controllo del nordovest del Paese con l’aiuto decisivo della Turchia confinando le truppe haftariane a Sirte, città strategica per l’accesso ai pozzi della “mezzaluna petrolífera” dove si estrae il 70-80% della produzione nazionale.

Negli scontri, che nelle ultime settimane sono sostanzialmente cessati, hanno perso la vita più di mille persone, tra cui molti civili.

La Libia è il principale produttore di petrolio in Africa, con un potenziale di 1,2 milioni di barili al giorno. Ma al momento, a causa del blocco, ne produce meno di 200.000 al giorno, secondo l’Ispi.

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