Scontro alleanze, Zingaretti mette a tacere la fronda Pd

(S-D) Il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il premier Gouseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in occasione della chiusura della campagna elettorale delle elezioni regionali, Narni
(S-D) Il segretario del Pd Nicola Zingaretti, l'ex-premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in occasione della chiusura della campagna elettorale delle elezioni regionali, Narni, 25 ottobre 2019. ANSA/MATTEO CROCCHIONI

ROMA. – “Diversi ma alleati” al governo. E ora “alleati, e non avversari” alle regionali di settembre, puntando su candidati capaci di sconfiggere, insieme, le destre. Nicola Zingaretti diluisce i concetti in un lunghissimo messaggio su Facebook che manda agli alleati a 5 Stelle, ma anche (forse soprattutto) ai ‘suoi’ ribelli.

Obiettivo, mettere a tacere entrambi. A quattro giorni dal voto sulla piattaforma Rousseau che ha sdoganato il veto del Movimento sulle liste allargate a livello locale, il segretario del Pd non esulta ma non nasconde la soddisfazione di un passo avanti.

E complice il fuoco amico, alza la voce per zittire le polemiche più perfide su quel matrimonio tattico che rischia di rompersi già alla luna di miele, tra sospetti e accuse di essere il lato debole della coppia e di barattare la propria identità.

Partendo dalla base del M5s che si è espressa alle ultime consultazioni on line, la premessa è che “si sta generando troppa confusione. Non sempre senza malizia e, spesso, con una buona dose di strumentalità si fanno ricostruzioni fuorvianti”.

Zingaretti parla ai ‘cugini’ perché i fratelli intendano. Si riferisce ai frondisti del suo partito che criticano l’alleanza con i 5S perché presentata come cosa fatta. E’ così per il sindaco di Firenze Dario Nardella. Memore dello sfortunato patto di ‘Narni’ alla vigilia delle regionali in Umbria l’autunno scorso, denuncia: “E’ più una tattica miope che il frutto di un serio progetto politico”.

Lamenta l’assenza di un confronto che non ha coinvolto “gli iscritti, i dirigenti locali e le migliaia di amministratori” e quindi chiede una prova di “coraggio”, convocando “un congresso, vero, di nome e di fatto”. Parole che non restano isolate e irritano il Nazareno. Perciò nel suo post Zingaretti ricorda che l’ipotesi di un matrimonio elettorale è “ovviamente delegata a processi politici locali e all’individuazione di candidati credibili da sostenere per vincere”.

E sulle rispettive identità insiste: “E’ quanto abbiamo detto dal primo giorno. Proprio perché forti delle nostre idee, vogliamo farle vincere nei processi reali, politici e sociali che ci sono e non solo declamarle nelle interviste e nei tweet”.

Più morbido è il suo vice, Andrea Orlando: “Che ne dite di fare la campagna elettorale prima e parlare di assetti interni poi?”, suggerisce con un tweet. In effetti il primo banco di prova è il voto del 20 e 21 settembre. E ancora più a breve, il risiko delle liste che vanno chiuse (la deadline è il 22 agosto alle 12).

Nella partita che coinvolge in tutto sette regioni, sono Marche e Puglia i trofei più ambiti, specie per il centrosinistra. Ma anche i più spinosi. Al centro e al sud i giochi sembrano fatti e nessuno dei candidati in corsa vuole scendere dal cavallo. Non vuole farlo Gian Mario Mercorelli, nel Movimento dalla prima ora, e nemmeno il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi in lizza per il Pd.

Entrambi sfidano Francesco Acquaroli, candidato unico del centrodestra. Non dispera su un accordo tra i due il capogruppo Dem al Senato Andrea Marcucci, che osserva: “Se nelle Marche ci sono le condizioni per farlo, si farà, cosa che stiamo vedendo in queste ore”.

Sbarra invece la porta Roberto Fede, senatore M5s e facilitatore per le relazioni interne: “E’ una storia trita e ritrita, al di là degli appelli e degli annunci, come Movimento Marche andiamo avanti per la nostra strada” dice all’ANSA.

Strada in salita pure in Puglia. Contro il presidente uscente Michele Emiliano del Pd c’è Antonella Laricchia dei 5S, voce di chi “dice no”. “Ci stanno provando, ancora ieri ho ricevuto pressioni pesanti – rivela su Facebook – Prima mi offrono di essere sistemata a vita o poltrone comode, poi minacciano di estromettermi”. E invece assicura: “Non hanno compreso che in Puglia c’è un popolo in marcia, che spazzerà via loro e i loro tentativi di accordicchi”.

Difficile quindi, per ora, che si ripeta l’eccezione della Liguria con l’accordo trovato su Ferruccio Sansa. E resta un piccolo miracolo pure quello partorito nella notte a Pomigliano d’Arco, dove a settembre si vota per il sindaco. Nella terra di Luigi Di Maio il braccio di ferro si è arreso a Gianluca Del Mastro.

E’ lui l’unico aspirante sindaco giallorosso in Italia, al momento. Merito del candidato dei 5 Stelle e stretto collaboratore dell’ex leader, Dario De Falco che ha rinunciato alla gara. “Il mio passo indietro ne farà fare parecchi avanti alla mia città!”, annuncia su Facebook.

(di Michela Suglia/ANSA)

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