Il sistema ha fretta, subito nuovo governo in Libano

Scontri con le forze di polizia e manifestanti contro il governo libanese.
Scontri con le forze di polizia e manifestanti contro il governo libanese.. EPA/WAEL HAMZEH

ROMA- BEIRUT. – Una settimana dopo il disastro del 4 agosto, costato la vita a più di 200 persone tra cui ancora decine di dispersi, e all’indomani della caduta del governo guidato da Hassan Diab, i leader politici libanesi si sono compattati attorno a uno dei loro massimi rappresentanti, l’inamovibile presidente del parlamento Nabih Berri, intenzionato a dare vita “nel più breve tempo possibile” a un nuovo governo.

Questo mentre dall’inchiesta libanese in corso sulle esplosioni di martedì scorso sono trapelate conferme del fatto che i massimi vertici istituzionali libanesi erano stati informati di recente, della presenza di pericolose sostanze chimiche nel porto, polverizzato – secondo la versione ufficiale – dalla deflagrazione accidentale di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio.

Intanto il movimento di protesta, che in questi giorni ha espresso a più riprese la rabbia contro il “sistema”, è tornato oggi in piazza a far sentire la propria voce. Centinaia di manifestanti si sono radunati in Piazza dei Martiri e da li sì sono diretti, alcuni armati di bastoni, verso le barriere di metallo, da mesi erette attorno al parlamento.

Questo è da decenni un feudo di Nabih Berri, leader del movimento sciita Amal, alleato degli Hezbollah filo-iraniani, anch’essi parte integrante del sistema politico-clientelare libanese assieme a tutti gli altri partiti-clan confessionali.

Berri ha organizzato per oggi, nella sua residenza privata sul lungomare di Beirut, una serie di incontri politici, “consultazioni informali”, per tentare di dar vita “quanto prima” a un nuovo governo.

Berri e i suoi alleati non vogliono elezioni anticipate, affermano i media locali. Queste erano state evocate dallo stesso Diab che – secondo diverse fonti – non si era consultato con i poteri forti del Libano. Dopodomani Berri presiederà una riunione straordinaria del parlamento per decretare lo “stato d’emergenza”. Una mossa che dovrebbe accelerare il percorso per la creazione di un nuovo governo. Questo potrebbe essere affidato a Nawaf Salam, già ambasciatore all’Onu.

Secondo i media locali, Berri e i suoi alleati – tra cui un altro “dinosauro” della politica libanese, Walid Jumblat – starebbero sondando l’eventuale appoggio a questa ipotesi delle principali potenze straniere – Iran, Arabia Saudita, Stati Uniti, Francia – tradizionalmente sponsor dei diversi partiti al potere.

E mentre il sistema politico continua a funzionare secondo i suoi ben oleati e immutabili meccanismi di autoconservazione, centinaia di famiglie piangono la scomparsa dei loro cari, polverizzati o lacerati dalle esplosioni del porto. Il bilancio continua a salire: i dispersi sono circa 40, mentre sono 171 i corpi finora ritrovati. Decine devono essere ancora identificati. I feriti sono circa 7mila.

E i media hanno fornito dettagli importanti sulle presunte responsabilità dei vertici istituzionali. Secondo documenti raccolti da una delle due inchieste in corso, il presidente della Repubblica Michel Aoun e il premier Diab erano stati informati, con una lettera privata a loro indirizzata e datata 20 luglio, della presenza di pericolosi prodotti chimici stoccati al porto. Aoun e Diab non hanno finora commentato la notizia.

(di Lorenzo Trombetta/ AnsaMed/ANSA )

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