Ponte Stretto, geologi: “Fattibile ma c’è una faglia”

Lo stretto di Messina in un immagine d'archivio.
Lo stretto di Messina in un immagine d'archivio. (Ansa)

ROMA. – L’idea di costruire un tunnel sottomarino nello Stretto di Messina, avanzata ieri dal premier Giuseppe Conte, “è ingegneristicamente fattibile”, ma c’è da affrontare il problema delle faglie in grado di generare terremoti che attraversano quella zona, come spiegano i geologi Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto italiano dei geofísica e vulcanologia (Ingv) e Andrea Billi, dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

“Dal punto di vista ingegneristico i tunnel sottomarini già si fanno ormai da diverso tempo. Ne sono un esempio quello della Manica o quello di Qingdao in Cina, ma la fattibilità finale deve essere valutata dagli ingegneri del settore, considerata anche la maggiore profondità dello Stretto di Messina”, rileva Doglioni. Il problema è vedere dove si costruirebbe il tunnel, dal momento che lo Stretto di Messina è “attraversato dal sistema di faglie che nel 1908 generarono il sisma di Messina, e che permettono a Calabria e Sicilia di allontanarsi di un millimetro l’anno”, continua Doglioni.

Gli ingegneri dovrebbero quindi trovare il modo di risolvere questo problema. Al mondo sono poco noti gli esempi di tunnel sottomarini che attraversano faglie attive. Come grande opera vicino a faglie attive, c’è “il ponte Golden Gate di San Francisco adiacente alla faglia di San Andreas, ma che non taglia. Tutto dipende quindi da come sarebbe orientato il tunnel”, aggiunge Doglioni, “ma in generale, in caso di terremoto, i tunnel sono tra le zone più sicure perché durante lo scuotimento sismico non subiscono l’effetto di inerzia delle strutture in superficie, a meno che la faglia non tranci di netto il tunnel stesso e in ambiente sottomarino la questione è più delicata che in superficie”.

Secondo Andrea Billi “ci sono poi altre valutazione da fare, quali l’impatto ambientale ed economico, i costi e la durata prevista del ponte”.  A livello ingegneristico non è “una pazzia – conclude – e non è nemmeno la prima volta che si propone l’idea del tunnel per quella zona, ma ci sono molte altre valutazioni molto importanti da fare”.

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