Conte prepara la regia Recovery, tensione nella maggioranza

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato.
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato, Roma 10 settembre 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Sì al coinvolgimento delle Camere ma nel rispetto dei ruoli assegnati a governo e Parlamento. Giuseppe Conte non chiude alla Bicamerale sul Recovery Fund e soprattutto ad un ruolo centrale di Camera e Senato sulla gestione dei fondi Ue. Gestione che, è la strategia del premier, spetta però in primo luogo al governo. E il tempo stringe.

Nei prossimi giorni, forse martedì, Conte presiederà la prima riunione del Comitato interministeriale sugli affari europei sul Recovery Fund. Riunione sul tavolo della quale il rischio è che finisca anche il dossier Mes. Le ultime due settimane prima della (breve) pausa estiva vedranno il premier impegnato su un triplo binario: la proroga dello stato di emergenza al 31 ottobre, il varo del dl agosto e il lavoro su una prima bozza del Recovery Plan. Su tutti e tre i fronti la tensione in maggioranza fatica ad abbassarsi.

Oggi è Matteo Renzi, dalle pagine di Repubblica, a tornare all’offensiva. “Non sarà Zingaretti o Iv a imporre il Mes, ma la realtà”, spiega l’ex premier chiedendo, come tutta Iv, che il Parlamento lavori anche ad agosto sui fondi europei, ma allo stesso tempo definendo “senza senso” l’ipotesi di una Bicamerale caldeggiata dal Pd e da FI. Renzi si guarda bene dall’assicurare che il governo durerà fino al 2023.

“Lo farà la legislatura, il governo dura finché fa le cose. Mi auguro con più concretezza e competenza”, spiega l’ex premier, che sembra quasi evocare un rimpasto. Del resto, l’offensiva contro Lucia Azzolina, anche nella maggioranza, è ormai un dato di fatto e, nel mirino di Iv ci sono anche tutte quelle politiche – bollate come assitenzialiste – riferibili al ministero del Lavoro guidato da Nunzia Catalfo.

L’ipotesi rimpasto, tuttavia, resta remota. Il rischio, per Conte, è che cambiando una casella venga giù tutto il castello. Sul Mes Conte non ha ancora abbandonato l’idea del rinvio a settembre. Anche perché, finora, nessun Paese in Ue ha fatto richiesta del fondo, fattore non marginale nei ragionamenti del capo di governo.

Intanto, la trincea del M5S sembra tutt’altro che vicina a cadere. “Il Mes oggi non serve. Renzi si è trasformato nel gufo che aveva tanto demonizzato, a quanto sento. Bisogna correre sul Recovery”, puntualizza il viceministro al Mise Stefano Buffagni. E Luigi Di Maio, sui fondi europei, avverte: “pensiamo al futuro dei nostri figli e non alle beghe di cortile”.

Sul Mes, invece, FI c’è eccome. “Lo voterei anche subito ma non sarebbe un voto di fiducia”, spiega Silvio Berlusconi dalle pagine del Corsera. Il leader di FI nega qualsiasi aiuto al governo, non devia dall’idea del centro-destra unito e, anche sul voto sullo scostamento di bilancio atteso mercoledì, pone condizioni ben precise: dal semestre bianco fiscale all’azzeramento delle sanzioni per chi non ha pagato la rata di luglio, fino a un sostegno a fondo perduto a turismo, agricoltura e commercio. Proposte sulle quali, in realtà, un compromesso con il governo non è impossibile.

Ma la tensione interna alla maggioranza si avvale anche di un altra sponda: la legge elettorale. Il 28 luglio il Pd ha intenzione di tornare a chiedere la calendarizzazione del Germanicum ma potrà farlo solo con il sostegno di uno o più partiti. Sul proporzionale Renzi chiude definitivamente spiegando che “il maggioritario conviene all’Italia” e chiedendo un dibattito “senza ricatti”.

Sulla linea dei Dem, questa volta, c’è il M5S. Movimento che, da parte sua, chiude la due giorni delle Olimpiadi delle Idee al Villaggio Rousseau. Protagonista la piattaforma presieduta da Davide Casaleggio e gli stessi studi della Casaleggio Associati, dove sono tornati big come Luigi Di Maio, Virginia Raggi e Vito Crimi. A fare da sfondo il grande nodo del limite dei due mandati.

“Per i nostri iscritti la politica è un servizio non una professione”, sottolinea Casaleggio facendosi portavoce dell’ortodossia grillina. Ma il dibattito è apertissimo. E’ il ruolo del figlio del guru del M5S è meno centrale, tra i Cinque Stelle, di qualche tempo fa. Anche se è proprio Casaleggio ad annunciare per il 4 ottobre un “importante” incontro che potrebbe assumere i contorni dei tanto attesi Stati Generali.

(di Michele Esposito/ANSA)

Lascia un commento