Inps: “Crollano le assunzioni, ma a giugno la Cig si dimezza”

Il presidio dei 178 dipendenti di Atitech Manufacturing che si sono incatenati dinanzi allo stabilimento di Napoli chiedendo un incontro con i vertici aziendali
Il presidio dei 178 dipendenti di Atitech Manufacturing che si sono incatenati dinanzi allo stabilimento di Napoli chiedendo un incontro con i vertici aziendali. ANSA / CIRO FUSCO

ROMA. – Il tracollo delle assunzioni è ricaduto in primis sulle spalle dei precari. E ad aprile ha toccato il punto di minimo, con una riduzione dei contratti accessi addirittura dell’83% rispetto all’anno prima. Un dato quello registrato dall’Inps che mostra come anche il mercato del lavoro abbia risentito della crisi innescata dalla pandemia.

E ciò nonostante il paracadute degli ammortizzatori sociali e tutte le altre misure prese per fronteggiare la voragine occupazionale. Il blocco dei licenziamenti è stato efficace, con una dimezzamento dei rapporti di lavoro interrotti. Ma lo stop vale per i posti fissi. Non può invece agire per quelli a termine. A confronto con il 2019 risultano andati in fumo mezzo milione di lavori a tempo determinato.

La cassa integrazione ‘speciale’, estesa a tutti, ha fatto sì che le imprese potessero continuare a mantenere i loro dipendenti. Soprattutto nei mesi del lockdown. Giugno mostra un’inversione di rotta, con un drastica riduzione delle ore autorizzare, -52%. Tuttavia i rapporti con scadenza che venivano a maturazione evidentemente, per una buona fetta, non sono stati rinnovati.

Anche senza l’obbligo delle causali, una possibilità concessa dai decreti anti-Covid, le aziende hanno fatto fatica a trattenere coloro che non erano in pianta stabile. Il che spiega anche perché il Governo è concentrato a destinare una parte dei 25 miliardi a disposizione, dopo il nuovo scostamento, proprio alle assunzioni, finanziando incentivi per chi contrattualizza nuovo personale.

Il tutto mentre si registra un esodo delle donne verso la pensione. Sempre l’Inps rileva un’impennata delle uscite per raggiunti limiti d’età delle ex lavoratrici. Guardando al fondo dipendenti, il più rilevante, il numero di quelle liquidate, con decorrenza gennaio-giugno, è più che triplicato in un anno. Per le pensioni delle donne l’incremento è ancora più forte. Cinque volte tanto.

Ecco che, nel complesso delle gestioni, si assiste a un “netto sorpasso” rispetto al 2019 della percentuale delle pensioni femminili su quelle maschili. Tornando al lavoro, in quatto mesi le posizioni occupazionali aperte a vario titolo non arrivano a un milione e mezzo, quasi il 40% in meno rispetto all’anno prima. Incide lo scarso bottino di marzo ma ancora di più aprile.

Pure se le cessazioni dei rapporti sono state congelate per legge alla fine risultano bruciati 610 mila contratti, nel confronto annuo. Reggono bene i posti fissi mentre vengono meno 499 mila tempi determinati, a cui si aggiungono altre perdite ingenti tra i lavori intermittenti e somministrati. Si riducono al lumicino pure gli occasionali mentre la crescita è fortissima per chi viene pagato con il Libretto famiglia (+458%). E questo grazie al bonus baby-sitting che lo prevede proprio come strumento.

Guardando in avanti fa ben sperare la riduzione delle ore di cassa integrazione ‘speciale’ autorizzate: 408 milioni in calo di circa il 52% rispetto a maggio. Vero che si partiva da livelli talmente alti che risulta anche fisiologica la contrazione. Basti pensare che dall’inizio dell’anno sono state autorizzare oltre due miliardi di ore di cassa. Aggiungendo anche quella non Covid, un’inezia a paragone, risulta un aumento del 758%.

Intanto salgono le domande di disoccupazione presentate, anche se in questo caso la crescita da fine maggio è ferma al 16%. Ma la quota si innalza parecchio se si guarda ai collaboratori. C’è anche chi esce dal mercato del lavoro per aver raggiunto i requisiti pensionistici. E a fare da traino nei primi sei mesi dell’anno è, come non avveniva da tempo, la componente femminile.

“Dopo otto anni torna la ‘normalità'”, dice la vice presidente dell’Inps, Marialuisa Gnecchi. Da quest’anno infatti possono andare in pensione anche le donne nate nel 1953, rimaste bloccate dopo la legge Fornero. Fenomeno che alleggerisce ancora il peso sul totale delle pensioni di anzianità, dopo la spinta ricevuta con Quota 100.

Si abbassa di circa un anno anche l’età di chi va via con l’anticipata (61,5) ma, sempre con riferimento ai dipendenti, non può scendere quella per vecchiaia (67,1 da 66,5). La media complessiva è così in leggera crescita, a 67,2.

(Marianna Berti/ANSA)

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