Usa, più morti che nella Prima guerra mondiale

Una coppia con mascherine visita il Quartiere dell'Arte a Los Angeles.
Una coppia con mascherine visita il Quartiere dell'Arte a Los Angeles. California, USA, (ANSA/EPA/ETIENNE LAURENT)

WASHINGTON.  – L’America di Trump ha superato un altro triste primato nella pandemia di coronavirus: il bilancio dei morti, ora oltre 117 mila, ha superato anche quello delle vittime americane della Prima guerra mondiale, che furono 116.516.

In aprile gli Usa avevano già superato il tragico bollettino dei soldati statunitensi morti in Vietnam (58 mila, in 20 anni di conflitto). E la prossima settimana si preparano a sorpassare anche il totale delle vittime dei 16 Paesi dell’Europa occidentale, attestato a circa 121 mila, secondo il New York Times, che contrappone il successo del Vecchio Continente nel frenare il virus al fallimento degli Stati Uniti.

Per non parlare del Brasile di Jair Bolsonaro, il “Trump in salsa latina”, secondo solo agli Usa per numero di casi (quasi un milione) e di morti (oltre 45 mila). In Brasile la pandemia continua a galoppare con un nuovo record di contagi in 24 ore: quasi 35 mila. Le nuove vittime invece sfiorano quota 1.300.

Tutto questo mentre il presidente pensa di seguire come único spettatore una partita di calcio a porte chiuse in programa domani allo stadio Maracanà di Rio de Janeiro.

Negli Usa il vicepresidente Mike Pence ha assicurato in un intervento sul Wall Street Journal che il Paese “sta vincendo la sua battaglia contro il nemico invisibile”, negando che ci sia “una seconda ondata” e affermando che i timori alimentati dai media sono “esagerati”. Ma i numeri lo smentiscono.

Nelle ultime 24 ore gli Stati Uniti hanno registrato oltre 24.000 nuovi casi di coronavirus e 840 nuovi decessi. Inoltre il numero dei contagi sale in 21 dei 50 Stati, soprattutto al sud e all’ovest.

Gli Stati più allarmanti sono Florida, Arizona e Texas, che ieri hanno registrato il loro maggior numero di casi in un solo giorno (quasi 2.800 solo nel Sunshine State) ma non hanno nessuna intenzione di chiudere.

Del resto è la linea di Trump, che sabato terrà il suo primo comizio dopo lo stop per la pandemia a Tulsa, in un’arena da quasi 20 mila posti. Un giudice dell’Oklahoma ha respinto la richiesta di bloccarlo. A presentare l’istanza erano state due organizzazioni insieme ad alcuni residenti immunodepressi (quindi più vulnerabili al virus), timorosi che senza misure di distanziamento sociale e l’uso della mascherina il rally diventerà causa di un focolaio.

Ma nonostante l’aumento dei casi di Covid-19 dall’inizio del mese, lo Stato dell’Oklahoma lascia le restrizioni a discrezione dei titolari delle varie attività.

La campagna di Trump ha chiesto ai partecipanti di firmare una liberatoria contro eventuali cause a seguito di possibili contagi.  “Io di certo non parteciperò”, ha detto Anthony Fauci, l’autorevole immunologo della task force Usa contro il coronavirus, lanciando l’ennesimo siluro al presidente.

Intanto il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ha preannunciato che la Grande Mela potrebbe entrare lunedì nella fase 2, quando potranno riaprire i ristoranti, almeno per pranzi e cene all’aperto. Restano chiuse invece le palestre.

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