Donne sempre più colpite da Covid e da effetti pandemia

Donne e Covid.
Donne e Covid. (Frame video Ansa)

ROMA. – Meno a rischio di morire di Covid ma più a rischio di esserne contagiate. Più impegnate nelle prime linee degli ospedali e nel lavoro domestico durante il lockdown, ma anche più a rischio di violenza, disoccupazione, ansia e depressione. Le donne hanno vissuto una sorta di pandemia nella pandemia. Allo stesso tempo, però, quest’ultima non è stata da ostacolo per le molte colpite da Sars-Cov-2, ad avere un parto naturale e ad allattare il proprio figlio.

RISCHIO CONTAGIO: secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità aggiornati al 10 giugno, il 54% delle diagnosi di Covid hanno riguardato donne. A pesare, anche i contagi tra gli operatori sanitari, professione in cui le donne sono più rappresentate: tra i 28.000 verificatisi in chi lavora in corsia, il 32% riguarda il sesso maschile e il 68% femminile.

MORTALITA’: l’analisi dell’Iss, aggiornata al 4 giugno e condotta su un campione di 32.448 pazienti deceduti e positivi all’infezione in Italia, ha evidenziato che le donne sono circa il 41% del totale. Inoltre, hanno un’età più alta rispetto agli uomini (85 a fronte di 79). Ad aiutarle, probabilmente, il ruolo degli estrogeni che attivano l’enzima in grado di proteggere i polmoni.

GRAVIDANZA: la gravidanza comporta cambiamenti del sistema immunitario che possono aumentare il rischio di contrarre infezioni respiratorie virali, tra cui quella da SARS-CoV-2. Inoltre, le donne in gravidanza potrebbero avere un rischio maggiore di forme severe. I dati riguardo bambini nati da madri con Covid-19 indicano però che nessuno è risultato positivo.

PARTO: le donne in gravidanza affette da Covid-19 non devono necessariamente effettuare un parto cesareo. Dalle attuali conoscenze infatti non è emersa la presenza del SARS-CoV-2 in sangue da cordone ombelicale, liquido amniotico e latte materno. La scelta quindi, secondo indicazioni dell’Oms, va fatta in base alle condizioni di salute di mamma e bambino.

ALLATTAMENTO: le donne positive al coronavirus non devono necessariamente rinunciare ad allattare al seno. Se la madre presenta pochi sintomi, secondo le indicazioni Iss, può farlo disinfettandosi le mani e indossando una mascherina. Se presenta anche febbre, tosse o dispnea, andrebbe separata dal figlio ma invitata alla spremitura del latte materno.

DEPRESSIONE: la pandemia può rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo per la depressione post parto. Pertanto, raccomanda l’Iss, andrebbero implementati screening e interventi precoci per individuare stati depressivi anche nel post pandemia.

VIOLENZA: l’isolamento e il distanziamento possono aumentare il rischio di abuso di alcol e di violenza domestica, tanto che durante il lockdown, riporta l’Istat, sono state 5.000 le telefonate al numero antiviolenza 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Per questo, i centri antiviolenza sono rimasti aperti ed è stato creato dal Ministero della Salute un servizio di sostegno psicologico attraverso il numero 1550.

LAVORO: la forza lavoro ‘rosa’, in Italia, è composta da 5,4 milioni di mamme, di cui 3 milioni hanno almeno un figlio sotto i 15 anni. Tra queste, 3 su 4, non hanno mai lasciato il lavoro durante il lockdown. Anche per chi ha lavorato in smart working i problemi non sono stati pochi, nel gestire i figli a casa.

FAMIGLIA: soprattutto nelle famiglie più a rischio povertà il carico di cura nelle famiglie è sulle spalle delle donne. Secondo Save The Children tra figli, spesa, pulizie e bucato, per il 74% delle intervistate il carico di lavoro domestico è aumentato.

DISOCCUPAZIONE: le donne sono tra le categorie di lavoratori a maggior rischio di perdere il lavoro in seguito alla pandemia. Per i mesi di marzo e aprile, l’Istat ha registrato un calo di occupati che ha riguardato maggiormente le donne (-1,5%, pari a -143mila), rispetto agli uomini (-1%, pari a -131mila).

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