Crolla produzione industriale a maggio, -33,8% annuo

Opeari al lavoro in una industria metalmeccanica.
Opeari al lavoro in una industria metalmeccanica. (ANSA)

ROMA. – Le attività riaprono e riprendono ritmo, ma la produzione industriale resta in profondo rosso. Con le ripercussioni del lockdown che si fanno sentire in ogni settore, dalla manifattura al trasporto.  E anche le prospettive per il trimestre non sono rosee.

L’indagine mensile del Centro studi di Confindustria rileva un crollo della produzione a maggio del 33,8% rispetto ad un anno fa, dopo il -44,3% di aprile.  Mentre il solo settore dell’autotrasporto segna una perdita di 1,8 miliardi di fatturato in due mesi, tra marzo e aprile, come calcola Conftrasporto-Confcommercio.

Intanto l’indice Pmi che monitora l’attività manifatturiera in Italia rimonta, anche se fotografa una realtà ancora in affanno: a maggio sale a 45,4 punti (dai 31,1 di aprile), un livello maggiore delle previsioni degli economisti  (36,8) ma che rimane ancora sotto il livello di 50, la soglia di demarcazione tra espansione e contrazione. A maggio di un anno fa misurava 49,7.

Con le riaperture di maggio la produzione industriale italiana recupera, ma resta lontana dai livelli di un anno fa e le attese per il secondo trimestre la vedono in calo di circa un quarto rispetto al primo, come indica il Csc, rilevando il picco all’ingiù su base annua. Rispetto al mese precedente, si è invece avuto un rimbalzo del 31,4% in maggio, dopo una caduta del 24,2% in aprile.

Il rimbalzo mensile è però solo “tecnico” e viene spiegato da un effetto base, dovuto ai livelli estremamente bassi raggiunti nel mese precedente. Dunque, il dato “è viziato da questo effetto statistico e non deve essere interpretato come una robusta ripresa. Tutt’altro”, avverte il Centro studi di Confindustria: “La caduta di circa un terzo della produzione industriale rispetto a maggio 2019 offre la giusta chiave di lettura e mostra quanto siano ancora distanti da una situazione di ‘normalità’ le condizioni nelle quali opera l’industria italiana”.

Tanto che il Csc non esita a parlare del rischio di “esplosione di una vera e propria emergenza sociale”, se non verranno messi in campo “adeguati interventi” a sostegno della ripresa del sistema produttivo e quindi del Paese, “nel giro di pochi mesi”.

Il secondo trimestre, come detto, non promette bene: la variazione acquisita della produzione industriale tra aprile-giugno è di -27,7% sul primo trimestre (-8,4% sul quarto trimestre 2019). Se anche in giugno procedesse “la lenta ripresa” della domanda, nella media dei tre mesi si avrebbe comunque “una riduzione di oltre il 20% dell’attività”, un calo che comporterebbe, indica ancora il Csc, “un contributo negativo di circa 5 punti percentuali alla diminuzione del Pil” nel secondo trimestre, già sotto pressione.

Insomma, è lo scenario di viale dell’Astronomia, la fine del lockdown si è tradotta in una “lenta” ripartenza dell’industria, ancora soffocata da una domanda, sia interna che estera, estremamente debole.  Per quanto riguarda il settore dell’autotrasporto, i dati di marzo-aprile di Conftrasporto-Confcommercio parlano di novecento milioni di chilometri in meno, 1,8 miliardi di fatturato persi e una denatalità delle imprese che supera il 30% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Imprese che, sottolineano, non si sono sottratti al loro ruolo “strategico” e hanno continuato a lavorare, nel periodo di emergenza, spesso anche in perdita, “non riuscendo a controbilanciare il viaggio di andata (carico) con quello di ritorno (vuoto)”.

Dati allarmanti anche da Fiepet, l’associazione della Confesercenti che riunisce ristoranti e bar. “La continuità economica delle aziende della somministrazione – afferma – è a rischio e ci sono quasi 100mila imprese che rischiano la chiusura definitiva”. Quasi l’80% dei bar e dei ristoranti che hanno riaperto vede il fatturato più che dimezzato e un imprenditore su tre teme di non farcela.

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