Roma teme l’apertura totale. “Si decida sui numeri”

Romani passeggiano in Via del Corso nella prima giornata della Fase 2.
Romani passeggiano in Via del Corso nella prima giornata della Fase 2. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Il sistema Lazio ha tenuto l’onda d’urto della pandemia grazie ad una rete diffusa di hub dedicati al Covid, al numero aumentato di posti in terapia intensiva e di sanitari, con 500 nuove immissioni di personale, e la creazione immediata di zone rosse. Ha tenuto Roma dove il virus è stato contenuto e i focolai, soprattutto Rsa e comunità religiose, sono stati subito isolati con i positivi e i loro contatti tracciati.

Ma proprio la Capitale ora teme una possibile riapertura uguale per tutte le regioni e a pochi giorni dalla data fatidica del 3 giugno spetta all’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, dalle pagine de Il Messaggero, lanciare l’allarme: “ci sono troppe pressioni perché riparta il Nord, bisogna basarsi su evidenze scientifiche”.

Il timore, detto chiaramente, è che dalla Lombardia si riversi una massa di persone nel Lazio, in particolare nella Capitale, impossibile da controllare e tracciare: “voi pensate che, se ci sarà il via libera agli spostamenti interregionali, tutti i milanesi andranno solo in Sardegna? Sapete quanti treni ci sono ogni giorno tra Roma e Milano? Io spero che ci sia grande scrupolo nel prendere le decisioni, vedo troppe pressioni”, dice l’assessore che ha gestito l’emergenza Covid nella regione guidata da Nicola Zingaretti.

Una preoccupazione per una Regione che oggi segna 16 casi con un trend allo 0,2% e che vede la capitale col dato più basso di positivi mai registrato dall’inizio dell’emergenza, appena tre. L’ultimo focolaio rilevato, una Rsa ad Anzio, è stato subito isolato e sono partiti i tamponi per ospiti e personale.

Il Lazio si è attrezzato alla riapertura: sono rimasti operativi 5 hub per il Covid nella Capitale e 4 nelle province, sono partiti i test con oltre 55 mila eseguiti che hanno permesso di individuare positivi asintomatici. E’ stato potenziato il contact tracing anche con i drive e in tutto sono stati fatti 250 mila tamponi.

Ora la riapertura più per “pressioni politiche” che per “evidenze scientifiche” potrebbe mettere a dura prova il sistema. Per questo D’Amato non nasconde la preoccupazione. “Si deve decidere sulla base di una serie di indicatori. Se le decisioni saranno prese su riscontri scientifici, non avremo nulla da eccepire. Se invece si cederà a delle pressioni di tipo politico, prenderemo delle contromisure.

Pressioni sul Comitato tecnico scientifico ci sono e questo rischia di creare irritazione -dice- dal Nord c’è una spinta ad aprire, soprattutto da parte di partiti come la Lega. Io non sono contrario per principio: ma per favore, si valuti prima di tutto pensando alla difesa della salute pubblica”.

E paventa contromisure. Esclusa la patente di immunità, caldeggiata dal governatore sardo Solinas ma respinta dal Governo e anche dallo stesso D’Amato (“è inammissibile”), si potrebbero potenziare misure di prevenzione e verifica sul modello dei termoscanner già presenti alla stazione Termini. Intanto si attende la decisione del governo. Con una cosa bene in mente: “non vorrei prendere nessuna iniziativa di protezione della nostra regione, ma se ci sono forzature qualcosa deve essere fatto”.

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