Il Giappone riparte, fine stato d’emergenza a Tokyo

Passeggeri con mascherine salgono sulla metropolitana a Tokyo.
Passeggeri con mascherine salgono sulla metropolitana a Tokyo. (ANSA- EPA/FRANCK ROBICHON)

ROMA.  – Il Giappone ha vinto almeno per ora la sua guerra contro il coronavirus. Il premier Shinzo Abe ha annunciato la fine dello stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale e con poco più di 16.600 casi, 839 morti e contagi quasi azzerati – un bilancio che in molti vorrebbero avere – Abe ha potuto dichiarare che “in poco più di un mese e mezzo abbiamo portato sotto controllo quasi completamente la pandemia”.

Lo stato d’emergenza era ancora in vigore a Tokyo e in altre 4 prefetture dopo che nel resto del Paese era stato già rimosso a metà maggio. I dati positivi e il parere favorevole della commissione degli esperti sanitari hanno fatto sì che anche la capitale e le altre aree residue fossero considerate sicure.

E anche l’India prova a ripartire con la ripresa dei voli nazionali. Ma l’ordine nipponico è lontano da Delhi e agli ingressi dei terminal è il caos tra code interminabili, voli programmati e poi cancellati e procedure sanitarie complesse

In Giappone il lockdown è stato molto diverso da quello imposto in Europa e in gran parte del pianeta. Niente sanzioni ma piuttosto una moral suasion nei confronti dei cittadini invitati, su base volontaria, a evitare le uscite non essenziali e a prendere misure di distanziamento sociale.

C’è stata la raccomandazione alle attività commerciali a ridurre gli orari di apertura al pubblico insieme alla richiesta ad aziende e uffici di favorire il lavoro da casa. Sono stati bloccati all’inizio di aprile gli eventi che avrebbero comportato assembramenti, chiuse scuole, biblioteche, musei, palestre, cinema, teatri. Shinzo Abe, dopo lunghi tentennamenti, ha dovuto rinunciare per quest’anno anche alle Olimpiadi.

Ma nulla di paragonabile alle misure restrittive obbligatorie varate da Italia, Francia, Spagna, Germania, per citarne solo alcuni. E erano in molti a temere il disastro in un Paese dove quasi il 30% dei cittadini ha più di 65 anni, una densità abitativa pari a due volte e mezzo quella di New York e 126 milioni di abitanti.

Invece contagi e morti sono anni luce lontani da quelli che hanno portato quasi al collasso gli ospedali di mezzo mondo. Le ragioni? Le ipotesi si sprecano, di certezze non ce ne sono, neppure in Giappone. L’uso abituale della mascherina, l’identificazione tempestiva dei cluster, un’immunizzazione anche solo parziale dovuta a precedenti e meno letali forme di coronavirus sono alcune delle ragioni che vengono analizzate da esperti e politici.

Il ministro per la Rivitalizzazione Economica, Yasuyoshi Nishimura, ha specificato che il governo fornirà un aggiornamento della situazione ogni tre settimane per facilitare il processo di integrazione economica e sociale. Il premier e la governatrice di Tokyo, Yuriko Koike, hanno esortato le persone a usare cautela, spiegando che esiste la concreta possibilità di una seconda ondata del virus. Ma intanto si riparte.

La ripresa delle attività seguirà tre diverse fasi con l’apertura della biblioteche e i musei già da domani, e il permesso ai ristoranti di rimanere aperti fino alle 22.

Seguiranno una seconda e una terza fase a partire da fine mese con ulteriori concessioni a servizi commerciali considerati non essenziali, escludendo per il momento i karaoke, le palestre e i locali con musica dal vivo.

Negli aeroporti indiani intanto c’è il caos  per la ripresa dei voli nazionali bloccati in tutto il Paese da due mesi. Code interminabili ai terminal per i controlli sanitari e aerei cancellati all’ultimo momento, passeggeri infuriati e denunce sui social contro la compagnia di bandiera Air India hanno segnato una giornata che avrebbe dovuto vedere una ordinata ripartenza.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)

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