Parigi, patto di stabilità sospeso anche nel 2021

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. (ANSA/ EPA/PATRICK SEEGER)

BRUXELLES.  – Sospendere il patto di Stabilità anche per il 2021. A proporre un nuovo tassello per far uscire l’Europa dalla profonda crisi in cui l’ha gettata il Coronavirus è Parigi, mentre a Bruxelles e nelle capitali si affilano le armi in vista del 27 maggio, quando Ursula von der Leyen presenterà la proposta sul Recovery Fund.

Intanto Cipro si appresta a bussare per primo alla porta del Mes per accederé alla linea di credito “sanitaria” varata dall’Eurogruppo.

“Noi auspichiamo che le regole del patto di stabilità, sospese per il 2020, lo rimangano anche per il 2021 la gestione del calendario è vitale”, ha detto il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire. Ed ha aggiunto: “Nulla sarebbe più sbagliato che rilanciare il meccanismo economico azionando il freno sulla spesa pubblica. É un errore che fu commesso nel 2009 e non commetteremo un’altra volta”.

A Bruxelles intanto la commissione sta limando la sua proposta. Sul tavolo ci sono i 500 miliardi di euro di aiuti a fondo perduto annunciati da Angela Merkel e Emmanuel Macron, un’operazione che porterebbe tra l’altro a dare vita a quanto di più simile agli eurobond si possa oggi immaginare.

Un passo “storico” per molti che anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non ha esitato a definire “importante”. Aggiungendo però subito dopo che “la Commissione può fare di più”. Ed esplicitando così il pressing che l’Italia, non da sola, sta portando avanti su questo fronte.

In effetti, nonostante l’assist di Merkel e Macron a von der Leyen, la partita è ancora tutta da giocare. Austria, Olanda, Svezia e Danimarca, Paesi decisamente contrari a distribuire i 500 miliardi a fondo perduto, devono ancora presentare la loro controproposta.

E questo mentre a Bruxelles i commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton spingono affinché la Commissione vari un documento ambizioso che vada oltre i 500 miliardi.  Ben consapevoli che, una volta approdata in Consiglio, la proposta, viste le premesse, non potrà che essere negoziata al ribasso.

Di certo nei documenti della Commissione mancano ancora molti dettagli fondamentali. A cominciare dalle cifre che oscillano tra i 1.000 miliardi, di cui hanno parlato l’altro giorno sia Gentiloni che Dombrovskis, e i 2.000 chiesti dall’Europarlamento nell’ultima risoluzione approvata a larga maggioranza.

Ma non sono stati ancora indicati quanti fondi saranno destinati a prestiti e quanti a sovvenzioni, né i criteri per la loro assegnazione e le eventuali condizioni a cui saranno vincolati.

Secondo fonti vicine al dossier, per l’esito del difficilissimo negoziato che seguirà la presentazione della proposta della Commissione “sarà decisivo vedere se la Germania manterrà la posizione presa”, ovvero conformerà la svolta storica compiuta da Merkel nell’accettare l’idea dell’emissione di titoli di debito in comune, seppure legati a un evento specifico come la pandemia.

Perché è vero che ciascun Paese può esercitare il diritto di veto, si osserva a Bruxelles. Ma è anche vero che poi, a mettersi contro la Germania, si rischia di dover pagare un prezzo. E non è detto che ai quattro Paesi che oggi compongono il fronte del no convenga.

Un ruolo decisivo lo svolgerà anche l’Europarlamento guidato da David Sassoli, il quale oggi ha sottolineato come si stia giocando “una partita politica di prima grandezza”. E i parlamentari europei, a cui spetterà approvare o respingere l’accordo che si spera prima o poi uscirà dal Consiglio, non hanno alcuna intenzione di rinunciare alle loro prerogative.

(di Enrico Tibuzzi/ANSA)

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