Con Covid crollo produzione industria a marzo -28,4%

Uno stabilimento di bibite dell'industria alimentare.
Uno stabilimento di bibite dell'industria alimentare. (ANSA)

ROMA. –  Crollo della produzione industriale senza precedenti nel primo mese di emergenza epidemiologica da coronavirus: a marzo, secondo i dati diffusi dall’Istat, la produzione industriale complessiva è scesa del 28,4% rispetto a febbraio con oscillazioni molto diverse tra i settori.

Se per l’alimentare il calo congiunturale è stato del 4% per la produzione dei mezzi di trasporto si è registrato un tonfo del 60,1%. Il dato tendenziale complessivo corretto per gli effetti di calendario (a marzo di quest’anno i giorni lavorativi erano 22 contro i 21 di marzo 2019)  segna un -29,3% registrando il dato peggiore dall’inizio delle serie storiche nel 1990.

E su base tendenziale il dato potrebbe essere ancora peggiore ad aprile dato che il lockdown è iniziato a marzo a mese già inoltrato. Un appello al lavoro per la ripresa è stato lanciato dal direttore generale di Bankitalia, Daniele Franco secondo il quale è “essenziale che il credito affluisca alle imprese”.

Nella media del primo trimestre dell’anno, il livello destagionalizzato della produzione è diminuito dell’8,4% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice su base mensile mostra marcate diminuzioni in tutti i comparti: per i beni strumentali si registra un -39,9%, per i beni intermedi un -27,3%, per i beni di consumo  un -27,2% e per l’energia un -10,1%.

Tutti i principali settori di attività economica hanno registrato variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle della fabbricazione di mezzi di trasporto (-52,6%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-51,2%), della fabbricazione di macchinari  (-40,1%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-37%) mentre il calo minore si registra nelle industrie alimentari, bevande e tabacco (-6,5%).

Anche in quest’ultimo settore, il meno colpito dal lockdown, il calo – sottolinea Coldiretti – ha pesato per 1,5 miliardi a causa delle chiusure di ristoranti, pizzerie e gelaterie.

Sulla stessa linea Federalimentare convinta che l’andamento dei consumi sarà peggiore di quello registrato con la crisi del 2008.

Lascia un commento