Federfarma: “Mascherine finite. Troppe bloccate da cavilli”

Un cartello esposto sulla vetrina esterna di una Farmacia genovese, che segnala l'esaurimento di gel disifettanti e mascherine di protezione per il viso. Genova
Un cartello esposto sulla vetrina esterna di una Farmacia genovese, che segnala l'esaurimento di gel disifettanti e mascherine di protezione per il viso. Genova, 25 Febbraio 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

ROMA. – Farmacie ancora a secco di mascherine con approvvigionamenti a singhiozzo, distributori quasi fermi e importatori a corto di venditori dall’estero “per il prezzo troppo basso delle ‘calmierate’ in Italia”. Lo stallo sulle mascherine chirurgiche prosegue nonostante i tentativi di accordi tra aziende e lo snellimento delle procedure burocratiche.

L’ultima ipotesi del governo in questo senso è di semplificare le normative, magari con interventi che possano essere inseriti nel Dl rilancio. Le modifiche avrebbero l’obiettivo di semplificare e velocizzare l’iter per la certificazione anche delle mascherine non chirurgiche – ma che rispondano ad alcuni requisiti tecnici – e consentirne l’utilizzo in alcuni ambiti lavorativi. Ma non basta.

I distributori invocano lo ‘sblocco’ di milioni di mascherine sequestrate durante i controlli delle forze dell’ordine: “La maggior parte di queste sono nei depositi giudiziari – dicono – solo per cavilli tecnici, ma sarebbero utilizzabili come ‘chirurgiche’ da vendere a 50 centesimi più iva”.

Finora l’ultimo stock di ‘mascherine di Stato’ è arrivato a Roma e in qualche altra città, ma nella quasi totalità delle farmacie dove sono state consegnate sono già finite. Mancano ancora in altre grandi città come Milano e Torino, dove sono attese in queste ore. Da sabato scorso sono in distribuzione tre milioni di dispositivi, un lotto della Protezione Civile, a fronte di un fabbisogno stimato in Italia di 10 milioni al giorno.

“Le ingenti quantità promesse purtroppo non sono ancora arrivate. Su questo siamo punto e a capo”, tuona Marco Cossolo, presidente di Federfarma. E la palla delle responsabilità passa ai distributori, che a loro volta denunciano “la mancanza di un fornitore” che riesca ad importare grossi numeri, nonostante i patti.

“La società italiana di Perugia importatrice di mascherine dalla Cina, che ci aveva garantito a regime la fornitura di 10 milioni di dispositivi a settimana, pare non sia più in grado di farlo”, spiega Antonello Mirone, presidente di ‘Federfarma Servizi’, l’Associazione Nazionale dei Distributori di farmaci e dpi. La spiegazione sarebbe dovuta anche alla difficoltà di importazione per la “mancanza di appetibilità” del mercato italiano, visto il basso prezzo di acquisto stabilito verso l’estero, un fattore su cui incide la ‘vendita popolare’ a 50 centesimi.

“In Spagna e Francia le mascherine calmierate sono a 96 centesimi al netto dell’Iva. Tutto ciò orienta i produttori verso altri Paesi”, riflette Mirone, che rimane in attesa della produzione ‘Made In Italy’, l’unica che al momento sembra poter risolvere questo stallo. Ma “le cinque aziende italiane che hanno cominciato a produrre le mascherine non hanno ancora i quantitativi disponibili”.

E cominciano a diventare introvabili anche guanti e alcol per disinfettare. Resta sul tavolo anche la questione delle mascherine chirurgiche bloccate e sequestrate durante i controlli alla dogana. “Avviene spesso per intoppi burocratici, magari perché il certificato di accompagnamento è in lingua straniera e manca la traduzione in italiano. Sulle verifiche di due enti diversi spesso cambia tutto nell’interpretazione della norma. E’ chiaro che nessuna azienda si assumerebbe il rischio di finire sotto accusa per frode. Bisognerebbe – sottolinea Mirone – eliminare questo corto circuito”.

Nel frattempo il Commissario Arcuri ha approvato altre ordinanze per facilitare la vendita, ad esempio, anche di quelle ‘non chirurgiche’ e prive di alcuni requisiti come l’imballaggio, purché rispettino alcune specifiche di base e cautele igienico-sanitarie.

Nel frattempo, allo studio, ci sono varie ricette per incentivare la filiera di vendita. Tutto purché il prodotto sia accessibile a tutti. E soprattutto utilizzato, anche grazie alle instancabili esortazioni dei medici: “C’è troppa gente in giro – ripete il virologo Roberto Cauda – e molti anche senza mascherina”.

(di Lorenzo Attianese/ANSA)

Lascia un commento