L’Ue striglia l’ambasciatore in Cina per la censura

Consiglio dell'Unione Europea a Bruxelles.
Consiglio dell'Unione Europea a Bruxelles. (ANSA/EPA)

BRUXELLES.  – É  bufera sull’ambasciatore dell’Ue in Cina, Nicolas Chapuis. Il diplomatico nei giorni scorsi aveva dato il via libera alla pubblicazione di una lettera aperta – censurata da Pechino – al China Daily, firmata dall’Ue e dai Paesi membri, senza prima consultare il suo quartier generale e le delegazioni dei 27.

Numerose le proteste di politici e cancellerie, anche con qualche richiesta di dimissioni del diplomatico, che Bruxelles ha bacchettato in pubblico – “non ha preso la giusta decisione” – pur giustificandone l’iniziativa con la motivazione di “tempi” decisionali “stretti” e al quale, almeno per il momento, è stata rinnovata la “fiducia”.

Ma col passare delle ore emergono nuovi dettagli della vicenda, che approfondiscono l’imbarazzo e dimostrano quanto le relazioni tra l’Unione e la Cina siano sulle montagne russe.

L’episodio si intreccia infatti con quello di una settimana fa, quando l’Alto rappresentante Josep Borrell era finito davanti all’Eurocamera per difendere i suoi servizi dall’accusa di aver “ammorbidito” una relazione sulla disinformazione cinese sul Coronavirus; e si aggiunge alle frustrazioni europee per rapporti economici sempre più tesi.

D’altra parte Chapuis, oltre ad essersi inchinato al Dragone accettando di omettere una frase sull’origine del Covid-19 in Cina e ad aver seguito una procedura a dir poco avventata, ha infatti ottenuto anche un risultato deludente.

Se l’intento dell’ambasciatore era quello di far emergere messaggi sulle politiche prioritarie dell’Ue – compresa l’iniziativa globale sui vaccini, che Pechino solo una settimana fa aveva snobbato, inviando un ambasciatore ad una riunione di leader, con una donazione da poche decine di migliaia di euro – è fallito.

Secondo ricostruzioni raccolte a Bruxelles inoltre, l’accordo preso “con estrema riluttanza” da Chapuis con il ministero degli Esteri di Pechino prevedeva che l’editoriale fosse pubblicato non solo sul China Daily (in lingua inglese e perciò più di élite) ma anche sul Quotidiano del Popolo, il principale giornale in lingua cinese. Ma lì la lettera aperta è scomparsa.

É’ stata pubblicata invece, nella sua versione integrale, sui siti Ue e delle ambasciate europee in Cina.

Comprensibile l’irritazione generale, che in Germania ha trovato anche politici pronti a dargli voce. Norbert Roettgen, presidente della commissione Esteri del parlamento tedesco e tra i candidati alla leadership della Cdu, su Twitter non ha usato mezzi termini: “Sono scioccato non una, ma due volte. Prima gli ambasciatori Ue adottano generosamente le narrative cinesi, e poi la rappresentanza dell’Unione accetta la censura”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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