Da Falcao a Juary, 40 anni fa tornavano gli stranieri

Paulo Roberto Falcao.
Paulo Roberto Falcao. A(NSA)

ROMA. – Fuoriclasse indimenticabili e bidoni, idoli ed oggetti misteriosi: il 9 maggio 1980 il Consiglio federale approvava il ritorno degli stranieri in Serie A, nella speranza di scuoterla dallo scandalo del calcioscommesse. Molti lasciarono il segno sul campo, altri solo nelle rubriche televisive come “Mai dire gol”, alle quali offrivano più spesso spunti comici che sportivi.

In quel primo calciomercato post-autarchia furono 11 gli stranieri arruolati e, tolto il dimenticato Luis Silvio (che vestì sei volte la maglia della Pistoiese e poi tornò in Brasile a gestire un chiosco di bibite sulla spiaggia) c’erano diversi ottimi giocatori – Bertoni alla Fiorentina, Brady alla Juventus, Ruud Krol al Napoli, Van de Korput al Torino, Juary all’Avellino, Prohaska all’Inter – ed un autentico fuoriclasse: Paulo Roberto Falcao, che avrebbe riportato lo scudetto in giallorosso, tanto da essere incoronato dai tifosi “l’ottavo re di Roma”.

L’anno successivo arrivarono altri sette stranieri. Nel 1982 salirono a due per club e ne furono ingaggiati 18. La Juventus si rinforzò con “Le Roi” Michel Platini e Boniek, soprannominato dall’avvocato Agnelli ‘bello di notte’ perché brillaba soprattutto nelle serate di Coppa. Nel 1983 il “colpo” lo mise a segno l’Udinese, assicurandosi Arthur Antunes Coimbra, per tutti Zico: preso dal Flamengo per 8 miliardi delle vecchie lire.

Quarantanni che hanno visto sui prati della Serie A divinità del pallone – uno su tutti, Diego Armando Maradona (188 partite e 111 gol con la maglia del Napoli, col quale vinse due scudetti, una coppa Italia ed una coppa Uefa) – e comparse presto dimenticate.

Il blocco era stato deciso dopo la disfatta con la Corea del Nord al mondiale del 1966. Buona parte delle responsabilità furono addossate agli “oriundi”, rei di aver annacquato l’italica sapienza calcistica. Solo agli stranieri già in Italia fu permesso di restare.

Ma l’autarchia, se da un lato rivitalizzò l’azzurro (con la vittoria dell’Europeo nel 1968, più un secondo e un quarto posto mondiale), depresse i risultati in campo europeo. En ella stagione 1980-’81 fu decisa la riapertura, con il limite di un solo giocatore per squadra.

Negli anni campioni come Socrates, Rumenigge, Van Basten, Batistuta, Ibrahimovic, Ronaldo e CR7 hanno impreziosito il campionato, intervallati da non poche meteore: chi si ricorda di Rui Aguas, attaccante portoghese della Reggiana, o di Sergio Fortunato, argentino del Perugia? Qualcuno semplicemente non riuscì ad ambientarsi.

Come Eneas, che a Bologna scoprì la neve, decise che non gli piaceva e dopo una sola stagione se ne tornò nel suo amato Brasile.

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