Assedio maggioranza a Decreto imprese, ma mancano le risorse

L' Aula della Camera durante l'esame del decreto legge riguardante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid 19,
L' Aula della Camera durante l'esame del decreto legge riguardante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid 19, Roma 29 aprile 2020. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Un fucile carico di quasi tremila emendamenti è puntato sul dl Imprese, quello che il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha definito un “bazooka” da 400 miliardi per aiutare le aziende a superare la crisi legata al coronavirus. Il decreto, varato dal governo un mese fa, è ora in commissione congiunta Attività produttive e Finanze della Camera.

Le proposte di modifica depositate dalle forze politiche sono esattamente 2.837, più di mille sono di gruppi di maggioranza: 476 del Pd, 304 del M5S, 154 di Iv e 91 di Leu. Tanto che la deputata di Forza Italia Matilde Siracusano ha ironizzato: “Fanno il mestiere dell’opposizione”.

In verità, le cartucce non sono troppo potenti. “E’ auspicabile e probabile”, ha detto uno dei relatori del provvedimento, Luca Carabetta (M5s), che il numero degli emendamenti cali molto, che gran parte delle proposte migri nel decreto di maggio. E poi – ha fatto capire – in questo decreto soldi da spendere non ce ne sono più molti, quindi, gli emendamenti papabili riguarderanno interventi a costo zero.

Mentre il dl Imprese compie i primi passi in commissione, il decreto Covid, che a fine marzo ha definito la cornice del lockdown, è all’esame dell’Aula della Camera. Con un’opera di diplomazia da Transatlantico, il Pd ha deciso di non tirar troppo la corda con Conte riguardo i poteri del Parlamento sui dpcm. Il tema è sollevato ogni giorno dalle opposizioni, che accusano il premier di aver assunto “pieni poteri” e di aver trasformato le Camere in mere passacarte.

Pure Italia Viva è molto critica. “Bisogna smetterla con i dpcm – ha detto Matteo Renzi – Molti dicono: ‘Mi fido di Conte’. Mi fa piacere, ma creiamo un precedente. Se diventassero premier Salvini o Meloni potrebbero fare la stessa cosa”.

Anche il Pd intende riequilibrare un po’. Per evitare di indebolire Conte, ha però ammorbidito un emendamento del deputato dem Stefano Ceccanti, che imponeva un parere preventivo del Parlamento sui dpcm. La formulazione soft (ancora da votare), chiede invece al governo ‘solo’ di illustrare “preventivamente alle Camere il contenuto dei provvedimenti” e concede una deroga nel caso in cui vi siano “ragioni di urgenza”.

Una soluzione che non piace a Riccardo Magi di Più Europa: “Non è: meglio di niente. Anzi, potrebbe rivelarsi peggio di ora”.

Si è invece sbloccata la questione ‘libertà di culto’. Accogliendo le richieste di Pd, Iv e Forza Italia, un emendamento dà un primo via libera alle messe: potranno riprendere sulla base di protocolli di sicurezza che dovranno essere definiti dal governo con la Cei. Il voto ha spaccato il centrodestra: gli azzurri si sono espressi a favore, mentre Lega e Fdi, che chiedevano una ripresa immediata delle celebrazioni liturgiche, si sono astenuti.

Per quel che riguarda il dl Imprese, fra gli emendamenti presentati in commissione, uno del Pd e uno di Iv dispongono che le aziende possano presentare l’autocertificazione anche per prestiti sopra i 25 mila euro. Dem, Iv e M5s chiedono poi di estendere da sei a otto/dieci anni il piano di rientro. Iv e M5s vorrebbero inoltre innalzare la garanzia dello Stato al 100% per prestiti fino a 800 mila euro.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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